La febbre siriana sconfina E il Medio Oriente esplode

Le violenze siriane stanno contagiando i Paesi confinanti e hanno già attraversato più di un confine. Da quando a marzo 2011 è iniziata la rivolta contro il regime di Bashar el Assad, Beirut teme per il suo precario equilibrio interno. La scena politica libanese è da anni polarizzata tra un blocco pro-siriano e vicino all'Iran, rappresentato dalle milizie sciite di Hezbollah, e un fronte guidato dai sunniti dell'ex premier Rafik Hariri, ostili all'influenza di Damasco. Nei mesi passati, al Nord, le tensioni siriane si sono presentate nelle strade della città costiera di Tripoli, con scontri armati tra alawiti - setta nata dallo sciismo, di cui fa parte la famiglia Assad - e sunniti. Mercoledì, il conflitto è entrato nuovamente con violenza in Libano, quando membri armati di un potente clan sciita della valle della Bekaa, i Mokdad, hanno rapito 20 cittadini siriani e un turco. La famiglia accusa l'Esercito libero siriano del rapimento di un suo parente. I ribelli dicono di aver fermato l'uomo perché membro di Hezbollah. A maggio, avevano arrestato undici libanesi accusandoli di far parte delle milizie sciite appoggiate da Teheran, alleato del regime contro cui combattono. Gli uomini dichiarano invece di essere pellegrini sciiti di ritorno dall'Iran. Il Partito di Dio nega ogni coinvolgimento e legame con il clan Mokdad, che nelle scorse ore ha minacciato di uccidere il prigioniero turco. La famiglia sciita aveva anche sollevato l'ipotesi di sequestri di cittadini sauditi, degli Emirati Arabi e del Qatar. Accusa infatti i Paesi del Golfo, che hanno richiamato in patria i propri cittadini, di sostenere i ribelli assieme alla Turchia.
A soffrire maggiormente del vicino conflitto è proprio la Turchia. Da mesi il flusso di rifugiati oltre la frontiera è costante. Nei campi profughi creati dal governo di Ankara ci sono quasi 60mila persone in fuga dalle violenze. Lungo il confine si sono create tensioni tra i due eserciti e martedì le truppe turche hanno portato a termine esercitazioni militari nella provincia frontaliera di Kilis. A giugno, l'abbattimento di un jet turco da parte dei siriani ha aperto una crisi arrivata fino ai corridoi della Nato a Bruxelles. Ankara è preoccupata anche per un'inaspettata variabile del conflitto. I soldati siriani hanno lasciato a giugno aree di confine al Nord, dove vive la minoranza curda siriana, per combattere nei maggiori centri urbani. In cittadine come Efrin, nel Nord-ovest, e Qamishli, nel Nord-est, il vuoto istituzionale è stato colmato dai movimenti curdi. Ankara si trova così ad affrontare una nuova potenziale questione curda oltreconfine senza aver mai risolto quella interna.
Sono ancora una volta le tensioni tra la comunità curda e il governo centrale a creare problemi anche lungo il confine tra Siria e Irak. Ci sono stati momenti di frizione quando pochi giorni fa, per monitorare il crescere delle violenze siriane, sia Bagdad sia le autorità del Kurdistan iracheno hanno mandato truppe lungo la frontiera con la Siria. A Sud, Israele e Giordania temono che le armi chimiche del regime di Assad possano finire in mani sbagliate. L'potesi è stata sollevata sia dal ministro della Difesa israeliano Ehud Barak sia dal re giordano Abdullah II. Israele teme inoltre che l'instabilità possa creare oltre la frontiera una zona franca per gruppi armati capaci di portare a termine attacchi come quello avvenuto il 5 agosto sulla frontiera con l'Egitto.

In Giordania, una settimana fa, le truppe siriane hanno sparato oltre la frontiera, nel tentativo di fermare profughi in fuga verso il Paese vicino, oggi 160mila. I soldati del regno hanno risposto.
Twitter: @rollascolari

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