Fragile tregua a Kiev, Yulia soffia sul fuoco

Lo spettro della guerra civile a Kiev. La pasionaria Yulia aizza la folla: "Se fossi libera lotterei con voi"

Fragile tregua a Kiev, Yulia soffia sul fuoco

Duecento feriti tra manifestanti e poliziotti, e ieri mattina il centro di Kiev sembrava un campo di battaglia. Una notte intera di scontri violenti, che hanno dimostrato come in Ucraina l'iniziativa del fronte che contesta la politica di asservimento a Mosca perseguita dal presidente Viktor Yanukovich stia passando nelle mani delle frange nazionaliste più estremiste.

Ancora ieri pomeriggio migliaia di manifestanti sfidavano le forze di sicurezza e le leggi liberticide volute da Yanukovich per impedire ai suoi contestatori di farsi vedere e sentire. Non era più però la marea umana che domenica ha riempito la centrale e simbolica piazza Maidan: ormai la partita si sta spostando nei palazzi del potere, dopo che il presidente ha cercato di calmare le acque promettendo (ma non è la prima volta) di incontrare i rappresentanti dell'opposizione per trovare un accordo di pacificazione.

Il leader del partito Udar, Vitaly Klitschko, che aveva evocato il rischio di una guerra civile, si è recato a Mezhygirya, presso la lussuosissima residenza di campagna del presidente dove Yanukovich lo ha ascoltato preoccupato, ma si è ben guardato dal concedere le elezioni anticipate che Klitschko gli ha chiesto: si è limitato a promettere di istituire una commissione guidata dal segretario del consiglio per la sicurezza Andriy Klyuyev per risolvere la crisi.

L'apparente disponibilità di Yanukovich sembra la conseguenza delle minacce americane ( e nelle ore successive anche europee) di imporre sanzioni all'Ucraina se non verranno revocate le nuove leggi - approvate dal partito filorusso e da quello comunista - che vietano sotto pene molto severe la partecipazione a manifestazioni e perfino la formazione di colonne di più di cinque auto, oltre a imporre alle organizzazioni non governative, seguendo l'esempio putiniano in Russia, di qualificarsi come «agenti stranieri».

Quella del complotto occidentale è una vera ossessione a Mosca come a Kiev, quasi che centinaia di migliaia di persone scendessero nelle piazze a protestare a comando di fantomatiche centrali straniere e non per proprie legittime convinzioni. Nelle stesso ore in cui Washington e Bruxelles minacciavano di stringere i cordoni delle rispettive borse, il Cremlino prometteva l'incremento dei propri finanziamenti con il chiaro obiettivo di render ancor più soffocante il proprio abbraccio alla «sorella Ucraina».

Ieri pomeriggio la Procura generale ucraina ha ricordato che l'attacco sferrato da migliaia di manifestanti antigovernativi contro la polizia schierata in difesa degli edifici del Parlamento, del governo e della presidenza «rappresenta un reato contro lo Stato» e ha intimato di porvi fine immediatamente. Difficile che questo accada, anche perché la competizione politica per arrivare a individuare il leader del fronte di opposizione che dovrebbe sfidare Yanukovich nel 2015 è più che mai aperta: così ieri Yulia Tymoshenko attualmente detenuta ha spolverato toni drammatici per invitare i manifestanti a tener duro nelle piazze.

«Se fossi libera - scrive in una nota la ex pasionaria della rivoluzione arancione del 2004 - sarei con voi in via Grushevski. La libertà vale questa lotta. Difendete l'Ucraina e non abbiate paura di nulla. L'Ucraina non ha difese al di fuori di voi. Per il popolo non c'è altro modo di trattare con la mafia. Siete degli eroi».

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