Mazzette per avanzare nelle liste d'attesa e arrivare agli agognati trapianti d'organi. Sembra un racconto di malasanità italiana quello che ha come teatro due rinomate cliniche universitarie tedesche, quelle di Gottinga (Bassa Sassonia) e Ratisbona (Baviera), simbolo di eccellenza sanitaria, avanguardia e rigore. Eppure nel «peggiore scandalo della storia della medicina dei trapianti in Germania» finisce che gli italiani lo zampino ce lo mettono lo stesso. Nell'inchiesta che coinvolge due luminari tedeschi della medicina, indagati per corruzione e omicidio colposo con l'accusa di aver falsificato le cartelle mediche di alcuni facoltosi pazienti - probabilmente dietro pagamento, in modo da garantire loro i primi posti nelle liste di attesa - potrebbero finire i nomi di 23 italiani. Tanti sarebbero i nostri connazionali, su un totale di 99 pazienti, operati nella città di Gottinga tra il '95 e il '99. Un numero insolitamente alto. Che ha fatto alzare il sopracciglio alla procuratrice Serena Stamer: «Dovremo verificare se ci sono state manipolazioni».
Ad oggi, sotto la lente d'ingrandimento della procura di Braunschweig, in Bassa Sassonia, ci sono almeno 25 casi. Sul denaro intascato dai due primari (già sospesi dall'incarico) in cambio di una spinta in lista, i giudici tedeschi stanno già indagando in riferimento al periodo 2010-2011, segno che la pessima pratica - per la quale ne va della vita o della morte dei pazienti nel Paese in cui ci sono 12mila persone in attesa di trapianto e tre ne muoiono ogni giorno per mancanza di organi - potrebbe andare avanti da parecchio a Gottinga e Ratisbona. Con un banale ma cinico lavoro di falsificazione, l'ormai ex capo del reparto trapianti della clinica in Sassonia, un medico di 45 anni, probabilmente di origine araba, avrebbe truccato le cartelle cliniche dei pazienti, per certificare condizioni di salute più gravi di quelle reali. Fino al punto da inserire nella lista dei trapianti anche un cittadino russo, che non avrebbe potuto ricevere il trattamento perché Mosca non rientra nell'Eurotransplant, il sistema di accordi che la Germania ha stipulato in materia con altri sette paesi. Stesso copione si sarebbe svolto sette anni prima all'ospedale di Ratisbona, dove il primario lavorava prima del trasferimento, questa volta a beneficio di alcuni pazienti provenienti dalla Giordania, anch'essi inseriti nella lista dei trapianti europei senza averne diritto. Il caso era già stato indagato anche perché lo specialista, in quella circostanza, aveva autorizzato un trapianto senza rispettare i protocolli che dichiarassero certa la morte cerebrale del donatore. La vicenda si era chiusa con tante scuse e l'ammissione di un errore.
Ora, però, i casi sono troppi. E la rabbia dei tedeschi monta proprio in un momento in cui l'attenzione e la sensibilità sul tema sono cresciute sotto il pressing della politica, con il Bundestag che ha votato a maggio, al termine di un dibattito durato un decennio, una la riforma della legge sul sistema delle donazioni degli organi, fortemente voluta dall'ex ministro degli Esteri Frank Walter Steinmeier (Spd), che tre anni fa ha donato un rene alla moglie malata. Fino allo scorso anno, il sistema era basato sul consenso esplicito: chi voleva donare doveva attivarsi personalmente e procurarsi una tessera che attestasse le proprie intenzioni. In caso di mancata scelta, la decisione ultima era in mano ai familiari. D'ora in poi, invece, le amministrazioni sanitarie o le casse private inviano ai cittadini una lettera in cui chiedono di prendere esplicita posizione sulla disponibilità a donare gli organi. La decisione può essere rinviata, ma non all'infinito. Una nuova lettera, ogni due anni, sollecita un'assunzione di responsabilità.
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