ParigiNon si vedeva una Ségolène Royal così sorridente da tempo immemore. Era diventata la voce più critica del Ps, denunciando l'inazione dell'Eliseo. I soprusi generati a suo dire dal curriculum sentimentale l'hanno tenuta lontana da Parigi. Ieri il gran ritorno dopo tredici anni senza incarichi di governo: «Non sono qui con uno spirito di vendetta». Si è presentata così la ex compagna di François Hollande, scelta per rimpastare l'esecutivo dopo l'ennesima polemica in tv post-umiliazione delle urne. Off the record aveva detto: «Se non avessi vissuto con Hollande, oggi sarei primo ministro. Sono la scelta giusta, ma è impossibile dal punto di vista mediatico».
Superata l'era degli «hollandiani» di ferro, timone a Manuel Valls, che ha accettato Ségolène come sua numero 2 di fatto. Per lei il grande dicastero dell'Ambiente e dell'Energia, una delle priorità elencate dal presidente. Come se l'Eliseo libero da intoppi sentimentali avesse già cominciato a funzionare meglio. I risultati disastrosi alle amministrative hanno persuaso il presidente della Repubblica a rincorrer la «ex». Per dare un segnale di cambiamento: se non generazionale, di immagine. Vicini in Consiglio dei ministri, Hollande e Ségolène. Su di lei pesava la pregiudiziale Trierweiler. L'ex première dame aveva posto un veto preciso, nel 2012, per qualunque incarico che avrebbe potuto riavvicinarla a Hollande, seppure per lavoro. Seppure per la patria. Un purgatorio da cui ieri è uscita, con Hollande costretto a richiamarla per salvare un Ps ancora stordito dai due turni amministrativi; forse anche più del 2007, quando Royal perse la battaglia per l'Eliseo contro Sarkozy.
In una fase in cui i Verdi sono stati tenuti fuori con astuzia, e minacciano di non votare la fiducia al team Valls, quello di Ségo è un incarico simbolico. Hollande ha definito la squadra «da combattimento». Solo due i nomi nuovi: 16 ministri, con una serie di accorpamenti e l'ingresso oltre a Ségo - di François Rebsamen al dicastero del Lavoro. Amico di vecchia data di Hollande, già in corsa per l'Interno nel 2012, Valls lo ha accolto per due ragioni. Ringraziare Hollande per aver persuaso i più restii nel partito ad accettare lui come premier. Ma pure per evitare una squadra troppo sbilanciata «a destra». Valls, per dar prova di forza e mantenere un buon controllo in vista di una possibile candidatura all'Eliseo nel 2017, ha provato a mantenere la supervisione sul ministero dell'Interno da lui guidato in questi due anni. Voleva un suo uomo, il deputato Jean-Jacques Urvoas, a gestire le forze dell'ordine e custodire i segreti di Place Beauveau. Una mossa indigeribile per l'intero Ps dove la gauche è ancora maggioritaria rispetto alla corrente Valls.
Il neopremier ha dovuto tener conto della sinistra-sinistra, confermando alcuni ministri come Cristiane Taubira alla Giustizia. E spacchettare chi amministra le casse dello Stato: Michel Sapin e Arnaud Montebourg, rispettivamente alle Finanze e all'Economia, un tandem a rischio battibecco a ogni riunione. Montebourg, uomo di sinistra-sinistra, annuncia di voler dare battaglia al rigore dei conti in favore di una crescita della produttività. Noto come ministro del «Made in France», delle nazionalizzazioni delle aziende in difficoltà, rappresenta una corrente di pensiero agli antipodi dell'impostazione Sapin, a guardia dei conti pubblici. Fino a una settimana fa Economia e Finanze erano nelle sole mani di Bernard Cazeneuve (ora all'Interno). Lascia l'Educazione nazionale Vincent Peillon, candidato alle elezioni europee. Al suo posto Benoit Hamon, vicino a Martine Aubry, grande oppositrice di Valls a Matignon.
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