I Grandi disegnano il mondo (ma non sanno la geografia)

Confondono un Paese con un altro, trasformano gli oceani in mari, spostano città in altri Continenti. E poi pontificano di geopolitica e globalizzazione

I Grandi disegnano il mondo (ma non sanno la geografia)

La matematica non è un'opinione, la geografia a volte. Capre, sintetizzerebbe Sgarbi. I potenti che ridisegnano i destini del mondo non sanno nemmeno dove abitano, confondono un Paese con un altro, spostano città in altri continenti, trasformano oceani in mari, si perdono in un bicchier d'acqua. Geopolitica e globalizzazione gonfiano le parole come una bolla di sapone che scoppia facile su una domanda da terza elementare. «Berlino non è qui?...» indicò incerta sulla cartina alle sue spalle l'Angelina Merkel. Stava dando lezione all'International European School, le spiegarono che nossignora, lì c'è la Russia. «Cosa, la Russia? Così vicino?...». Ecco, brava, quattro sul registro, settimana prossima torna preparata, magari anche in economia. «Gli Stati Uniti continueranno a restare neutrali sulla questione delle Maldive occupate dalla Gran Bretagna...» garantì Obama al vertice delle Americhe. Bella forza, così sono capaci tutti. Voleva dire le Malvinas, altrimenti dette Falkland, isole, al contrario dell'arcipelago corallino, contese da un antico conflitto, bisogna essere esauriti forte per piazzare una guerra sanguinosa nel regno del relax. Avrebbe giusto bisogno di una vacanza...
Capi di Stato e sovrani assortiti, fanno la fila a strapazzare il mappamondo come Charlie Chaplin nel Grande dittatore: Hollande fa le condoglianze ai cinesi scambiandoli per giapponesi, Le Pen si congratula con gli austriaci scambiandoli per tedeschi, Bush saluta il premier sloveno Janez Drnovsek scambiandolo per quello slovacco, Chirac riceve il presidente brasiliano Fernando Henrique Cardoso con un «sono felice di ricevere in territorio francese il presidente del Messico...» Il re delle gaffe comunque è da sempre Filippo di Edimburgo, mister Magoo consorte della regina Elisabetta. In Australia chiese a un aborigeno se la sua gente avesse ancora l'abitudine di tirarsi lance addosso, in Nuova Guinea si complimentò con uno studente per essere scampato a quei cannibali dei ªsuoi connazionali, in Bangladesh domandò a un bambino se fosse già un drogato come tutti, in Cina definì Pechino una città «terribile» raccomandando ad alcuni studenti britannici che vi abitavano di andarsene «perché se rimanete qui ancora un po' vi verranno gli occhi a mandorla...».
Certo noi dovremmo stare zitti: la Sabrina Nobile delle Iene quando ha provato a interrogare i nostri onorevoli sull'anno in cui Roma è diventata Capitale, perché Garibaldi venne chiamato l'eroe dei due mondi e dove si trova il Darfur la risposta più precisa che si è sentita dare è stata «di preciso non glielo so dire...». Gaffe si dirà, piccole dimenticanze, stress da politica, la domanda che ti prende a bruciapelo mentre stai pensando ad altro.
Il revisionismo geografico è casuale ma la sostanza rimane: l'ignoranza non ha confini, Yalta è figlia dell'asineria.

Poi ci sarebbero quelli per niente preparati in storia come Dan Quayle: «L'Olocausto nazista degli ebrei fu uno degli avvenimenti più tragici avvenuti negli Stati Uniti». Ma qui non siamo più nella scienza ma nella fantascienza.

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