India, il caso marò si riapre con l'inviato italiano in aula

New Delhi Il caso Marò torna alla Corte suprema indiana dopo settimane di pressing diplomatico da parte dell'Italia e l'Europa culminate nei giorni scorsi con il forte richiamo del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e i moniti del capo dell'esecutivo europeo Josè Manuel Barroso. E se i gesti simbolici talvolta hanno anche un forte valore concreto, la decisione dell'inviato del governo italiano Staffan de Mistura di essere presente per la prima volta in aula all'udienza fissata oggi a New Delhi ne è certamente una prova.
Tornato in India per la sua ennesima missione alla vigilia di un passaggio giudiziario che molti ritengono cruciale per riuscire a conoscere su cosa si basa l'impianto accusatorio indiano, De Mistura ha osservato che ormai «tutta l'Italia ritiene che sia giunto il momento di chiarire questa inaudita vicenda». Di fronte alla politica del rinvio adottata dalle autorità indiane, il governo italiano si è trovato costretto ad usare la carta del ricorso alla Corte Suprema.
Le motivazioni per chiedere l'intervento del massimo tribunale indiano sono numerose, ma fra tutte risaltano proprio l'eventuale uso del Sua Act, che implica un'automatica richiesta di pena di morte per gli imputati, e la trasgressione delle raccomandazioni rivolte dalla Corte stessa al governo di Delhi di fare presto, sia nelle indagini che nell'eventuale processo.
De Mistura ha ammesso che la vigilia è carica di incertezze.

«Può succedere che non avvenga nulla - ha spiegato - come pure può esserci una decisione da parte della Corte Suprema, oppure una non decisione, oppure una decisione negativa, o addirittura un rinvio, a cui siamo stati ampiamente abituati nei mesi scorsi». Per ciascuna di queste circostanze «abbiamo sviluppato coerentemente tra di noi una strategia di risposta».

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