Oltre al danno si profila la beffa per i due marò nelle galere indiane, almeno dal punto di vista economico. Al momento prendono almeno 600 euro in meno di paga perchè non sono imbarcati. I marò in missione antipirateria percepiscono uno stipendio che può anche superare i 2500 euro, a seconda dell’anzianità e di quanto navigano. In questo calcolo è compresa l’indennità per l’imbarco, di 45 euro al giorno, che Salvatore Girone e Massimiliano Latorre non percepiscono più essendo a terra, seppure in galera. Gli armatori, invece, versano allo Stato, per il servizio antipirateria, poco meno di 500 euro al giorno per ogni marò imbarcato. Per un sottufficiale come Latorre lo stipendio base è attorno ai 1700 euro. A questa cifra va aggiunto il «forfettario», legato all’imbarco, di 45 euro al giorno e 15 quotidiani per l’attività fuori sede. Tenendo conto che i marò svolgono servizio antipirateria a bordo delle navi mercantili per 15-20 giorni al mese l’indennità era almeno di 600 euro, che ora non vengono più accreditati a Latorre e Girone.
Da un punto di vista puramente teorico, che difficilmente potrebbe venir applicato, la spada di Damocle sui due marò, però, è un'altra. La procura di Roma può chiedere la sospensione dal servizio dei fucilieri di Marina avendo aperto un'inchiesta in Italia. La Marina dovrebbe riunire una commissione per decidere se accettare la richiesta. In caso affermativo i marò subirebbero la decurtazione di metà dello stipendio: ciò appare in questo momento impossibile.
La notizia è comparsa sul sito Tiscali news. Angelo Fiore Tartaglia, esperto di diritto militare, spiega: «La legge sostiene che in tutte le situazioni simili a quelle in cui si trovano i due marò arrestati in India, l'amministrazione deve approvare un provvedimento di sospensione precauzionale dal servizio. In sostanza, al militare viene ridotto lo stipendio della metà». In realtà questa misura è automatica al momento della sentenza e viene applicata prima agli esponenti delle forze dell'ordine se finiscono agli arresti. Secondo l'avvocato Tartaglia, se lo Stato «considera il provvedimento restrittivo disposto dal tribunale indiano nei confronti dei due marò alla stregua di un provvedimento italiano, dovrebbe sospenderli precauzionalmente a titolo obbligatorio dal servizio con la riduzione degli emolumenti del 50 per cento». In realtà è impossibile che accada. Secondo gli addetti ai lavori nella Difesa, anche se i marò venissero condannati in India non sarà riconosciuta la sentenza e verrà chiesta l'estradizione per processarli in Italia. E fino a un'eventuale sentenza in patria difficilmente si ritroveranno con metà stipendio.
Sul fronte giudiziario indiano è stata rinviata a martedì l'udienza, che si spera finale, per far ripartire la nave «Enrica Lexie» da oltre un mese ferma nel porto di Kochi con l'equipaggio e i 4 marò «superstiti» del nucleo antipirateria. Il giorno dopo arriverà in India il ministro della Difesa Di Paola, che incontrerà i marò.
Secondo i media locali il magistrato C.S.
Gopinath dell'Alta Corte del Kerala avrebbe bollato l’uccisione dei due pescatori indiani come «un atto terroristico». Fonti italiane hanno smentito con l'agenzia Ansa che sia mai stata pronunciata una frase del genere sostenendo che la stampa indiana punta fin dall'inizio a criminalizzare i marò.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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