L'Argentina scarica la Kirchner "Le pentole" tornano in piazza

In migliaia contro la "presidenta" populista che vuole cambiare la costituzione per essere rieletta. Fa propaganda ovunque, anche durante le partite di calcio

I cacerolazos, i dimostranti armati di casseruole, sono tornati. Hanno invaso le strade di Buenos Aires, sono scesi per le strade con in mano lattine vuote di conserva, fischietti, pentole; per fare rumore, per tornare a farsi sentire, nella capitale, come in altre città del Paese. Come succedeva negli anni della crisi nera, quando la gente era in ginocchio e il Paese dichiarava fallimento. Oggi l'Argentina si rialza, torna a protestare e a dire basta; stanca della sua presidenta, Cristina Kirchner, sempre più invadente, sempre più populista, che ora minaccia addirittura di voler cambiare la costituzione per essere rieletta.
Sembra passato un secolo da quell'ottobre 2011, quando Cristina pareva essere entrata per sempre nel cuore della gente, il marito Nestor era morto da un anno, lei, con i panni della vedova, che lottava sola e contro tutto era riuscita a convincere la maggioranza. Alle votazioni aveva ottenuto un enorme appoggio popolare, il 54 per cento l'aveva voluta rieleggere leader. Lei che ringraziava davanti ad una folla inneggiante, la foto di Evita Peron alle sue spalle, un trionfo di lacrime e applausi. Poi, in poco meno di un anno, qualcosa è cambiato per sempre. I consensi sono scesi, crollati in caduta libera, e gli ultimi dati che emergono sono un disastro: il 72 per cento disapprova la sua politica economica e il 58 per cento la condanna su tutta la linea. È la media borghesia e l'upper class ad essere più arrabbiata, non tanto per gli scandali legati alla corruzione o per l'aumento di criminalità, bensì per le politiche dal gusto sempre più populiste. Demagogica e furbissima la manovra battezzata «Il futbol para todo», il calcio per tutti, traslocato a forza sulla rete statale, dove naturalmente abbondano messaggi propagandistici a senso unico e dove Cristina «invade il campo» in continuazione. Una spesa enorme per lo Stato, da cui non è mai più rientrato.
L'Argentina torna nel passato tanto che, andare in banca e comprare dollari, è sempre più difficile. Una mossa del governo per cercare di limitare il più possibile l'uscita di moneta straniera. Una cosa non da poco se si considera che da sempre gli argentini sono abituati a risparmiare in dollari; restrizioni e misure sempre più strette anche sui consumi all'estero. Così, con una serie di riforme, il governo ha iniziato a trovare mille modi per scoraggiare i viaggi all'estero. Con una inflazione che viaggia attorno al 24 per cento (anche se il governo ammette solo la metà) negli ultimi anni gli argentini hanno scelto di viaggiare e spendere invece di depositare i propri risparmi nelle banche del Paese dove con una tassa di interesse del 12 per cento, si perde la metà del valore ogni anno. Secondo statistiche ufficiale, durante il mandato della Kirchner il turismo argentino all'estero è cresciuto del 143per cento. Un record, una fuga di capitali da riarginare. Solo nel 2011 sono stati all'estero quasi 6,7 milioni dei 412 milioni di argentini e hanno speso oltre cinque milioni di dollari. La presidenta, attraverso il fisco, ha moltiplicato le misure che complicano severamente i viaggi all'estero scatenando le ire della classe media. «Mi sento controllata, sembra la vecchia Argentina, quella dei militari», dice una donna con un cartellone. «Basta, il fisco mi controlla ogni cosa», spiega un altro. Prigionieri nel loro stesso paese, ecco come si sentono oggi molti di loro. «Non vogliamo finire come i cubani», si legge in uno dei tanti striscioni della protesta. Molti criticano lo stile sempre più autoritario del governo, in molti ormai temono una deriva venezuelana, un modello bolivariano, per questo qualcuno già parla di «Argenzuela». «Sono stufa che mi dicano come devo usare i miei risparmi, che mi dicano dove andare in vacanza», ha raccontato una giovane vicino alla Casa Rosada. «Stanno rubando la nostra libertà», grida un altro. Erano in tanti l'altra sera, migliaia, che si sono dati appuntamento tramite Facebook e twitter, per ritrovarsi insieme contro Cristina, nella più grande protesta di massa dal secondo mandato. Una manifestazione nata sulla rete, senza la mediazione dei partiti, a dimostrazione che l'opposizione non c'è, frammentata e orfana di una leadership forte, che fa fatica a rappresentare il malcontento dell'opinione pubblica. «Voglio tornare a casa tranquilla la sera», si legge in un cartellone, «Cristina è milionaria e io non posso comperare dollari», dice un altro striscione, «Basta Korruzione», scritto con la K dei Kirchner. Cristina apparentemente non si scompone.

«Io nervosa? No, che si tranquillizzino pure, che io non mi agito». Ma a far davvero infuriare c'è stata una frase uscita dalle labbra carnose della donna che difficilmente vorrà lasciare il potere: «Bisogna aver paura di Dio. E anche un po' di me».

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