Merkel sotto scacco. I socialisti impongono una virata a sinistra

Il leader della Spd alza la posta: salario minimo e calo dell'età pensionabile

Merkel sotto scacco. I socialisti impongono una virata a sinistra

Èabbastanza paradossale che Angela Merkel, dopo avere ottenuto nelle elezioni di settembre un trionfale 41,5% dei voti e avere sfiorato la maggioranza assoluta dei seggi, sia stata costretta, per formare il governo, a imprimere al suo programma una vistosa svolta a sinistra. Perduti i vecchi alleati liberali, rimasti fuori dal Parlamento per non avere superato lo sbarramento del 5%, ha prima tentato di accordarsi - senza successo - con i Verdi, poi, per evitare nuove elezioni, ha dovuto rivolgersi agli avversari socialdemocratici per resuscitare la «Grande coalizione» con cui aveva già governato con discreto successo dal 2005 al 2009. Ma stavolta la Spd, memore del fatto che, nelle elezioni 2009, era poi stata punita dai suoi simpatizzanti per essersi alleata con il «nemico», l'ha letteralmente ricattata: prima di entrare in vigore ogni eventuale accordo - ha sentenziato il suo leader Gabriel - dovrà essere ratificato da un referendum tra i nostri 475.000 iscritti. Grazie a questo espediente, è riuscito a strappare alla Merkel un «sì» a buona parte delle sue richieste, sia pure diluite nel tempo: il salario minimo di 8,50 euro orari, un abbassamento dell'età pensionabile con 45 anni di contributi e varie altre misure che annacquano le storiche riforme introdotte all'inizio del millennio dal cancelliere socialdemocratico Schroeder e che sono state alla base dei successi economici degli ultimi anni.

Non c'è da stupirsi, perciò, che il programma di 185 pagine concordato tra i due maggiori partiti dopo un mese di negoziati sia stato salutato con favore dai sindacati e fortemente criticato sia dalle associazioni imprenditoriali, sia dall'autorevolissimo (e neutrale) Consiglio di Esperti economici. I principali timori sono che il salario minimo, che entrerà in vigore nel 2015 (e in certi settori solo nel 2017) faccia perdere un buon numero di posti di lavoro, soprattutto nella Germania dell'Est, e che l'insieme dei provvedimenti sociali - il cui costo si aggira sui 23 miliardi - finisca con il nuocere allo sviluppo. Per giunta, è stata confermata la rinuncia all'energia nucleare e il potenziamento di quelle rinnovabili, che hanno già fatto aumentare i costi dell'elettricità del 30%, e sono stati stanziati solo 2 miliardi di euro l'anno per il rinnovamento delle infrastrutture - strade, ponti e ferrovie, molti in condizioni allarmanti - che secondo un recentissimo rapporto ne richiederebbe almeno 7. Per esempio, la fragilità del ponte sul canale di Kiel fa sì che le pale eoliche destinate all'estremo nord della Germania debbano essere spedite per nave in Danimarca e poi riportate indietro, con un aumento dei costi del 50%.

Lo spostamento a sinistra dell'asse della coalizione - per la verità accolto senza troppi drammi dalla Merkel, che aveva già attenuato di suo nel corso degli anni il tradizionale conservatorismo della Cdu-Csu - dovrebbe comunque far sì che il referendum socialista abbia esito positivo e che, dopo il 14 dicembre, si possa finalmente costituire il governo. Sembrano certi la conferma del rigorista Schaeuble alle Finanze e il ritorno agli Esteri di Steinmaier, che aveva già ricoperto questa carica nella precedente Grande coalizione. Nessun sostanziale cambiamento è perciò prevedibile nella politica verso l'Europa, anche se i provvedimenti concordati potrebbero, alla lunga, incidere sulla produttività e ridurre di conseguenza l'enorme attivo della bilancia commerciale messo «sotto processo» dalla Commissione europea.

In ogni caso, il successo del referendum è auspicabile per tutti, perché Gabriel, per rafforzare la sua posizione, ha aperto per la prima volta alla possibilità di un'alleanza con la Linke, il partito marxista che ha la sua base principale nell'ex Ddr, e potrebbe, accordandosi anche con i Verdi, mettere addirittura la Cdu/Csu in minoranza e formare un governo di sinistra. Sarebbe una catastrofe anche per l'Europa, ma sono gli scherzi di una legge elettorale che in Italia tanti - probabilmente senza conoscerla - vorrebbero copiare.

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