Dissolvere i Fratelli musulmani: è la proposta che, secondo un portavoce del governo, ha fatto ieri il premier egiziano Hazem Beblawi e che sarebbe in fase di studio. «Non ci sarà riconciliazione con chi ha le mani sporche di sangue» ha detto il primo ministro. Poche ore dopo, in una conferenza stampa, un portavoce della presidenza ha ammorbidito i toni, ma di poco: «Non dissolveremo nulla, vogliamo soltanto essere certi che tutto sia legale». Mostafa Hegazi ha poi invitato i membri della Fratellanza «pacifici» a unirsi alla transizione. Ha parlato anche ai giornalisti di un Egitto «più unito che mai». Negli stessi istanti, una sparatoria andava avanti dal ore attorno alla moschea Al Fatah, in quella piazza Ramses che venerdì è stata teatro di scontri sanguinosi. In tutto l'Egitto nello stesso giorno sono rimaste uccise 173 persone.
Morti e feriti, durante la battaglia tra forze di sicurezza e sostenitori dei Fratelli musulmani venerdì sono stati portati nella moschea, dove ieri mattina, quando i blindati e carri armati dell'esercito l'hanno circondata, c'erano ancora centinaia di persone. La battaglia è iniziata in tarda mattinata. Le scene mandate in onda dalle televisioni di tutto il mondo sono caotiche, appannate dal fumo dei lacrimogeni. Le forze dell'ordine hanno sparato verso la moschea, dal minareto sono partiti colpi di arma da fuoco, gli agenti hanno scortato civili fuori dall'edificio mentre la folla di residenti - ostile ai sostenitori dell'ex leader islamista deposto Mohammed Morsi - ha urlato infuriata.
Non c'è segno di tregua o compromesso tra le parti in Egitto: il governo e le forze di sicurezza denunciano l'attività di terroristi tra le fila dei manifestanti. I sostenitori dell'ex rais Morsi dichiarano di portare avanti proteste pacifiche. Davanti alle immagini di guerra, ha fatto poco eco la rivelazione del Washington Post secondo il quale l'Amministrazione americana, assieme agli alleati europei e arabi, sarebbe stata vicina due settimane fa alla conclusione di un accordo con la Fratellanza per smantellare i due sit-in islamisti, sgomberati poi mercoledì. I generali non avrebbero però accettato un'intesa.
Le parole di ieri del premier sono indicazione della strada che potrebbero seguire le autorità. Secondo molti osservatori, il nuovo potere «è molto più ambizioso» persino dell'ex regime di Hosni Mubarak «nel suo obiettivo di smantellare e distruggere la Fratellanza», scrive sul New York Times Shadi Hamid, del Brookings Doha Center: «Sotto il regime di Mubarak però la repressione non era totale. I Fratelli musulmani, come maggiore forze di opposizione, avevano spazio di operare, presentarsi a elezioni, avere seggi in Parlamento». Fuorilegge ma tollerati, alle parlamentari del 2005, per esempio, gli islamisti hanno ottenuto 88 seggi. Oggi, i generali e la nuova politica, nonostante la repressione, trovano l'appoggio della popolazione e di molti attivisti della piazza del 2011 per i quali gli islamisti hanno la responsabilità degli scontri e dell'instabilità di queste settimane. «Non c'è verso che i Fratelli musulmani tornino al tavolo della politica se non abbandonano la violenza - spiega Alfred Raouf, attivista politico - attaccare chiese e caserme è terrorismo».
I Fratelli musulmani sono stati banditi come organizzazione nel 1954. Soltanto nel 2011, dopo la rivoluzione, hanno potuto legalizzare il movimento.
La loro esclusione, spiega Khairi Abaza, ricercatore della Foundation For Defence of Democracy ed ex politico del più antico partito liberale egiziano, il Wafd, non risolve i problemi: «L'errore più importante della Fratellanza al potere è stato proprio l'esclusione di altre forze politiche. Le nuove autorità, però, non negozieranno se si sentono minacciate».Twitter: @rollascolari
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