Crisi siriana

"Mai più la guerra". E il Papa chiama tutti a scendere in piazza

I pellegrini arrivati da tutte le parti del mondo in San Pietro lo avevano capito dall'espressione del suo volto, proiettata sugli schermi giganti della piazza per il consueto Angelus della domenica. Non è il solito Francesco, questa volta è scuro in viso, corrucciato, alza il tono della voce e lancia un fortissimo grido di dolore: «Mai più la guerra! Mai più la guerra! In questi giorni il mio cuore è profondamente ferito da quello che sta accadendo in Siria e angosciato per i drammatici sviluppi che si prospettano. C'è un giudizio di Dio e anche un giudizio della storia sulle nostre azioni a cui non si può sfuggire!». Parole dure, nette, che ricordano quelle pronunciate 10 anni fa (era il marzo del 2003) da Giovanni Paolo II alla vigilia della guerra in Iraq.

In quell'occasione Wojtyla aveva detto «Mai più la guerra!» e aveva invitato il mondo a una giornata di digiuno e preghiera per la pace. Sulle orme del predecessore polacco, Francesco ha annunciato: «Ho deciso di indire per tutta la Chiesa, il 7 settembre prossimo, vigilia della ricorrenza della Natività di Maria, regina della pace, una giornata di digiuno e di preghiera per la pace in Siria, in Medio Oriente e nel mondo intero, e anche invito a unirsi a questa iniziativa, nel modo che riterranno più opportuno, i fratelli cristiani non cattolici, gli appartenenti alle altre religioni e gli uomini di buona volontà».

Un Papa che scende in campo per la pace (e chiama tutto il mondo a scendere in campo) con il digiuno e una veglia, annunciata da lui stesso per sabato prossimo in Piazza San Pietro dalle 19 a mezzanotte per ritrovarsi «in spirito di penitenza per invocare a Dio questo grande dono per l'amata Nazione siriana e per tutte le situazioni di violenza nel mondo». L'appello di Bergoglio alla non violenza è stato pronunciato per la terza volta in pochi mesi, questa volta, però, con un tono diverso, quasi sofferente: «Con particolare fermezza condanno l'uso delle armi chimiche!» ha detto il Papa. «Vi dico, ho ancora fisse nella mente e nel cuore le terribili immagini dei giorni scorsi! Non è mai l'uso della violenza che porta alla pace. Guerra chiama guerra, violenza chiama violenza». Un messaggio chiaro, rivolto ai leader mondiali, che in queste ore di fibrillazione, al contrario di 10 anni fa, potrebbe anche evitare una guerra: «Ripeto a voce alta», ha detto Francesco chiedendo sostegno anche ai non credenti, «non è la cultura dello scontro, la cultura del conflitto quella che costruisce la convivenza nei popoli e tra i popoli, ma questa: la cultura dell'incontro, la cultura del dialogo; questa è l'unica strada per la pace. Il grido della pace si levi alto perché giunga al cuore di tutti e tutti depongano le armi e si lascino guidare dall'anelito di pace».

Un discorso preparato nei minimi dettagli dopo un lungo incontro che il Papa aveva avuto sabato mattina nella residenza Santa Marta con il cardinal Bertone, Segretario di Stato uscente, con il cardinale argentino Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, e con altri esponenti di spicco della diplomazia vaticana. Un vertice sul conflitto in Siria, argomento affrontato dal Papa anche venerdì 29 agosto, nel corso dell'udienza privata concessa in Vaticano a Re Abdallah di Giordania e alla moglie Rania.

Anche in quel caso, con il sovrano di Amman, nel corso dell'incontro durato 20 minuti, era stata ribadita la via del dialogo e della cooperazione internazionale per evitare un attacco militare, che il Congresso americano potrebbe autorizzare già il 10 settembre prossimo, tre giorni dopo l'iniziativa promossa da Francesco.

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