Obama sfida il Congresso: "Agirò da solo per decreto"

Nel suo discorso sullo stato dell'Unione il presidente promette salario minimo, lotta alla disoccupazione e alle disuguaglianze, riforma immigrazione e stop violenza delle armi

Obama sfida il Congresso: "Agirò da solo per decreto"

Era il suo quinto discorso sullo stato dell'Unione. Forse l'ultima occasione per dare una sferzata al suo mandato. Per lasciare un'impronta. Consapevole di ciò Obama ha scelto di giocare d'attacco con un intervento decisamente di sinistra, puntato sulla disparità ricchi-poveri, la giustizia sociale e il futuro di un paese appena uscito dalla crisi. Il presidente ha detto che "il 2014 sará un anno di svolta per l'America, un anno di azione". E ha chiesto al Congresso di non provare a fermare il cambiamento, altrimenti (lui) provvederá ad agire per decreto. Una vera e propria sfida quella che la Casa Bianca lancia a Capitol Hill a meno di un anno dalle elezioni di medio termine. "Se il Congresso si rifiuterá di prendere tutte le misure necessarie per sostenere la classe media e le famiglie americane, agirò per decreto". E promette di farlo in tutti i campi che ritiene necessario: dal salario minimo alla lotta alla disoccupazione, dalla riforma sull'immigrazione alla stretta sulle armi.

I decreti per dare corpo alla svolta di Obama sono giá pronti, una dozzina in tutto, incentrati sul sociale, per combattere le disuguaglianze. Si sofferma, ad esempio, sul divario salariale tra sessi: "Le donne sono la metá della forza lavoro ma guadagnano meno, questo è sbagliato e imbarazzante". E ancora: "Le disuguaglianze sono aumentate e la mobilitá economica verso l'alto per milioni di americani è ferma". A quel punto Obama sfida il Congresso a riportare al centro della politica la necessitá di offrire "opportunitá per tutti", ancora una volta ribadendo quanto giá detto: agirò per conto mio (per decreto) per concedere più opportunitá alle famiglie. "La dura e cruda veritá - ammonisce Obama - è che nel mezzo della ripresa ancora troppi americani lavorano più che mai per tirare avanti e ancora troppi non lavorano".

Poi i servizi sociali: il presidente vuol garantire a tutti lo stesso livello minimo di servizi, a partire dagli asili nido. Quanto alla sua "epica battaglia", la riforma sanitaria, Obama non demorde: "Nessun americano resterá più senza una copertura".

Altre misure annunciate sulle pensioni e la formazione del lavoro, queste tutte a favore dei lavoratori della middle-class in modo da aiutarli ad approfittare della ritrovata crescita economica. Obama ha parlato anche di immigrazione, chiedendo al Congresso di lavorare a un accordo sulla riforma che permetterebbe di regolarizzare circa 11 milioni di persone. Sono tutte misure osteggiate dai repubblicani, contrari a disegni disegni di legge così ampi e segnati da vie preferenziali, scavalcando l’ostacolo del Congresso.

A meno di un anno dalle elezioni di medio termine Obama rilancia la sua agenda, apparentemente senza accettare alcun compromesso, dicendo chiaramente che ricorrerá al decreto quando necessario. Intanto lo speaker della Camera, il repubblicano John Boehner, giá lo avverte: "Sappiamo come è andato a finire l’aumento dei salari nel passato: centinaia di migliaia di cittadini americani a basso reddito hanno perso il lavoro".

Politica estera

Un passaggio molto importante e molto atteso del discorso Obama lo dedica alla questioni internazionali. Parte dall'Iran, con un parallelo storico-politico che a molti fará storcere la bocca: "Se Kennedy e Reagan hanno trattato con l'Urss non vedo perché non lo possiamo fare noi con avversari meno forti". E annuncia che si opporrá a nuove sanzioni contro Teheran. Risponde anche alle critiche durissime ricevute sulla prigione di Guantanamo, che appena insediato aveva promesso di chiudere: "Lo faremo quest'anno". Oltre al solito attivismo sul clima e l'energia, su cui ribadisce il massimo impegno, Obama insiste sull'importanza dei nuovi accordi commerciali con l'Europa (accordo di libero scambio) ma non solo. Nel mirino della Casa Bianca, infatti, ci sono gli affari da incrementare il più possibile con l'Asia e i paesi del Pacifico.

Sondaggi, americani preoccupati

Nonostante l'iniezione di fiducia del presidente gli americani sono preoccupati per il futuro e per il lavoro svolto dalla Casa Bianca: dal 1930 solo George W. Bush ha iniziato il suo sesto anno di governo con un livello di consenso più basso di Obama. È quanto emerge da un sondaggio del Wall Street Journal-Nbc, secondo il quale solo la metà degli intervistati vuole che il governo abbia un ruolo nel ridurre le diseguaglianze nei redditi.

Il 43% degli americani approva la perfomance di Obama a fronte della metà che la disapprova. Circa sei americani su dieci si dicono incerti, preoccupati o pessimisti su quello che farà nella parte restante della presidenza.

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