In piazza pure gli alleati di Battisti Che ora si rivoltano contro Dilma

Rio de JaneiroTutti partiti brasiliani, al governo e all'opposizione, sono piú che mai sconvolti. Impegnati nelle loro sempiterne battaglie politiche, sono infatti stati colti di sorpresa dalla dilagante marea di proteste, pacifiche e violente (oltre due milioni di persone, in tante cittá di tutto il Paese), innescata dal Movimento Passe Livre (MPL), fondato da studenti universitari nel Forum Social di Porto Alegre nel 2005, quando, poco piú di due settimane fa, attraverso le reti sociali, ha convocato i fan in piazza per ribadire il proprio originale obiettivo: la riduzione del costo del biglietto dei trasporti.
Ma anche loro sono ora attoniti come i politici. In effetti la quarantina di leaderini (uno o più in ogni città, come s'addice a una «conduzione orizzontale» da statuto) del Mpl, pur se si sono ispirati a Toni Negri e al filosofo e psicoanalista francese Cornelius Castoriadis e, nel 2009, hanno espresso solidarietà a Cesare Battisti («Quando l'Italia ha chiesto la sua estradizione alla Francia, i due governi stavano negoziando un accordo per un treno ad alta velocità. Un gioco sporco dei padroni dei trasporti, giocandosi la vita di un uomo per un pugno di milioni. Noi non possiamo non protestare contro questa mafia che, nel mondo intero, restringe il nostro diritto fondamentale di andare e venire») si son visti togliere il palcoscenico da un sacco di «infiltrati»: anarchici black bloc locali, con vent'anni di graffiti alle spalle, che hanno sfasciato un po'di tutto agli emarginati delle favelas esperti in saccheggi ad altri movimentini di ultradestra antiabortisti e ultrasinistra per migliorare la vita carceraria. Ma, soprattutto, da brasiliani terra-terra che hanno colto la palla al balzo per scendere a loro volta per le strade, per lamentarsi dei servizi sociali, delle scuole e della sanitá, da sempre una palla al piede di ogni governo brasiliano; e della sempiterna madre dell'intero sistema político brasiliano: la corruzione in tutti i suoi gangli, dal parlamento, ai governatorati ai municipi.
«Abbiamo creato un mostro e adesso non sappiamo come controllarlo o fermarlo», ha ammesso uno di loro. Venerdí sera, con un fiacco intervento a reti unificate di 10 minuti, ha cercato di farlo la presidente Dilma Rousseff, sotto dettatura di Lula e leggendo dal teleprompter (non ha certo la forza retorica del suo Pigmalione politico).
«É stato solo un discorso elettorale», le hanno subito ribattuto i blog dei grandi media, critici contro il suo governo, in vista delle presidenziali del 2015, a cui Lula l'ha ricandidata. Ma non le sará facile recuperare i consensi persi (una decina di punti), pur se resta ancora la più popolare di tutti i rivali (55%). Anche perché, secondo l'82enne ex presidente Fernando Henrinque Cardoso, tuttora leader dell'opposizione, «nessun partito trarrà vantaggio dalle proteste». E l'Mpl che aveva annunciato che non sarebbe sceso per le strade di San Paolo, per non essere «utilizzato dai fascisti della destra», dopo il discorso di Dilma ha cambiato idea. Insomma «un mostro», ovvero un'opinione pubblica stanca delle beghe dei politici, è sceso ora per le strade di un Paese di 160 milioni di abitanti ancora alle prese con ingenti magagne, pur se Lula e Dilma hanno recuperato a una vita abbastanza accettabile, almeno 30 milioni di essi, e dei quali nessuno prima si era occupato. Ecco perché c'è una speranza per entrambi.
Nei commenti ai blog dopo il suo discorso, a chi intimava «Dilma, non hai capito niente, dimettiti subito», uno ha risposto: «Ritengo che queste manifestazioni della classe media non andranno al di lá di una moda. Se “o povao” non aderirá, si concluderá “em pizza“».

Insomma in una delle tante sceneggiate made in Brasile. E per il popolino, che ora mangia e ha un lavoro piú o meno decente, ci saranno anche i mondiali di calcio del prossimo anno. Che, sicuramente, con soldi pubblici o no, faranno aggio anche alla classe media.

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