
Londra li ama, li accoglie, li ospita come nessuna città al mondo. E il suo sindaco Boris Johnson ha infranto il tabù e detto quello che pensa: i miliardari che vivono nel Regno e nella capitale sono da ringraziare. Perché sono eroi. Eroi delle tasse, che pagano in proporzione smisurata; gente generosa, che contribuisce alla beneficenza, alle fondazioni e alle opere di bene; spendaccioni che coi loro acquisti smodati contribuiscono a dare lavoro (e quindi a riempire le tavole) di migliaia di altre persone. Da un lato non stupisce che sia lui, Johnson, che ha studiato a Eton e a Oxford, a elogiare gli straricchi: una categoria in cui non rientra (nell'editoriale-elegia per il Telegraph ha specificato: si tratta di persone con il jet privato, che hanno collaboratori per qualunque incombenza, che non indossano mai la stessa maglia due volte), ma dalla quale è molto meno lontano rispetto alla massa dei suoi concittadini.
Pro domo sua, cioè di Johnson insomma, conoscitore e appassionato di Roma antica, fra l'altro. Una presa di posizione da Tory dell'era Cameron (il suo amico-rivale), da conservatore dell'élite britannica e quindi mondiale, che infatti per questo, dopo il suo articolo sul Telegraph, ha ricevuto insulti e critiche. Perché se ne è infischiato delle ipocrisie e ha difeso il famoso uno per cento e perfino quel terribile 0,1 per cento, minoranza delle minoranze composta dai ricconi smisurati: che Johnson osa definire proprio così, «minoranza». Da tutelare - spiega - come «i viaggiatori irlandesi, i senzatetto, gli ex criminali e gli ex parlamentari in disgrazia». Insomma una provocazione, in spregio ai cliché di sinistra - e infatti il Labour si è infuriato. Ma il sindaco parla coi numeri: l'uno per cento dei più ricchi del Regno paga il 29,8 per cento delle tasse; e lo 0,1 per cento al top, ventinovemila persone in tutto, paga addirittura il 14,1 per cento di tutte le tasse. E allora perché - si chiede - sono attaccati, minacciati con nuove tasse, criticati, presi di mira come i ragazzini dai bulli - solo che i bulli sono «tutti, dall'arcivescovo di Canterbury a Nick Clegg»?
Ma certo, per gelosia, anche se del tutto ingiustificata: perché gli straricchi hanno più soldi ma non sono necessariamente più felici e quindi è inutile sprecare tempo ed energie a invidiarli, a darci pensiero per quanto loro incassino sempre di più, e noi sempre di meno. Bisogna solo «ringraziarli umilmente e di cuore». Anzi meglio ancora, ogni anno, quando viene pubblicata la lista dei cento più danarosi del Regno, bisognerebbe chiamarla per quella che è: la classifica degli «eroi delle tasse». E ai primi dieci toccherebbe il titolo di cavalieri, in automatico, perché coi loro soldi garantiscono i fondi per i servizi pubblici, l'assistenza sanitaria, gli aiuti agli anziani, scuole e strade nuove e, insomma, non dovremmo fare altro che sperare che il loro circolo si allarghi sempre di più, altro che perseguitarli.
Boris Johnson ha detto quello che pensa - è il suo modo di avere successo, da sempre - e Fraser Nelson, giovane direttore dello Spectator (un incarico ricoperto in passato dallo stesso sindaco) si è chiesto: «Ha ragione, ma quale altro politico avrebbe osato dire una cosa del genere?». Nessuno, ovvio. Troppo facile sparare a zero sulla minoranza dei ricchi e fingere di difendere la maggioranza, cioè classe media e poveri, che rispetto ai primi si sentono comunque e sempre vittime di una ingiustizia.
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