"La Siria? Un errore schierarsi Così la guerra non avrà fine"

L'ambasciatore russo a Roma, Alexey Meshkov, critica la posizione di Europa e America: "Non si può imporre il futuro a un popolo". E sull'Italia racconta che...

"La Siria? Un errore schierarsi Così la guerra non avrà fine"

«La guerra in Siria? Non avrà fine finché nella comunità internazionale ci sarà chi si schiera con una parte». Non usa mezze parole l'ambasciatore russo Alexey Meshkov. 53 anni, una lunga carriera diplomatica che lo ha visto ricoprire anche l'incarico di vice ministro degli Esteri, Meshkov è arrivato in Italia nel 2004, conosce bene il nostro paese e allo stesso tempo è un fine analista di politica internazionale. Tra pochi giorni rientrerà a Mosca, dove gli sarà affidato un nuovo incarico. In questa intervista esclusiva con il Giornale, Meshkov traccia un bilancio dei suoi nove anni a Roma ma soprattutto affronta il tema delle primavere arabe senza nascondere le sue perplessità sull'atteggiamento di Europa e America.

La Russia ha fatto un'analisi poco positiva delle primavere arabe.
Sapevamo da tempo della spinta al cambiamento: nessuno può negare a un popolo la possibilità di avere la democrazia. Ma siamo convinti che le riforme debbano nascere all'interno di questi paesi, attraverso la volontà popolare. La democrazia non può essere imposta, come non può essere imposta la rivoluzione. Noi per primi abbiamo imparato che non è possibile esportare la rivoluzione. Preferiamo l'evoluzione. Il compito della comunità internazionale è quindi di favorire il processo democratico e non di dettare ai popoli la strada da percorrere.

Questi cambiamenti repentini stanno minacciando le minoranze, in primo luogo quella cristiana, che finora erano tutelate.
Lo avevamo detto anche prima della guerra in Iraq: gli interventi esterni non portano l'epilogo che ci si aspetta. La domanda è: oggi in Siria che cos'è più importante? Smettere di sparare. Ma questa decisione di cessare il fuoco deve essere presa da entrambe le parti. Sarebbe realistico pensare che il governo smetta di sparare e l'opposizione no? In questa situazione il compito della comunità internazionale è di lavorare con i contendenti per ottenere un cessate il fuoco e farle sedere a un tavolo, senza precondizioni, per progettare il futuro del paese. Per questo noi dialoghiamo con tutte le parti, e non con una sola.

Quindi le posizioni di Russia ed Europa, e di conseguenza Italia, sono lontane?
A Ginevra erano tutti d'accordo sulla road map per la soluzione politica. Ma non tutti i sottoscrittori del documento hanno rispettato i principi dell'accordo. La fine del conflitto avverrà solo in caso di dialogo tra le forze siriane e con l'appoggio della comunità internazionale. Se si parteggia per una sola fazione non vedremo la fine di questa guerra.

La situazione è complicata anche dall'infiltrazione di Al Qaeda nelle forze d'opposizione.
Sono molti gli stranieri arruolati. Periodicamente il governo di Damasco invia all'Onu una lista con i loro nomi: sono terroristi di professione e l'opinione pubblica deve saperlo. Non parliamo di dissidenti o rivoluzionari siriani, ma di mercenari collegati con Al Qaeda. Oggi sono in Siria, ieri erano in Libia e l'altro ieri in Iraq.

Chi ha interesse che non si trovi una soluzione politica?
Solo il terrorismo internazionale: vuole destabilizzare la regione perché in questo momento di crisi aggiunge difficoltà all'America, all'Europa, alla Russia. In Medio Oriente il problema è la sicurezza energetica: può essere un'arma di ricatto verso chi non è autosufficiente nel produrre energia.

Che cosa succede se crolla la Siria?
Il problema si ripercuoterebbe sui paesi vicini. Per questo bisogna aiutare i siriani a trovare una via d'uscita politica. Non un piano d'emergenza, ma una soluzione che dia prospettive. Certo, si può aiutare una delle parti a vincere, ma a lungo termine questo influirà sul futuro del paese e i conflitti sopiti riemergerebbero.

Che influenza avrebbe la caduta di Damasco su Israele?
Non posso parlare per loro, ma tutti sanno che Israele è al centro della zona d'instabilità e per questo dovrebbe avere le nostre stesse preoccupazioni. La Russia non desidera conservare il regime siriano, ma non vediamo altre soluzioni che non siano la riconciliazione nazionale.

I vostri rapporti con gli Stati Uniti faticano a decollare. La riconferma di Obama alla Casa Bianca potrà imprimere una svolta?
La nostra posizione è sempre stata chiara: noi siamo pronti a sviluppare relazioni più intense, aspettiamo che siano pronti gli americani. Oggi la grande sfida da risolvere è quella economica.

Perché?
Il potenziale economico dei due grandi Paesi non corrisponde agli scambi commerciali. Pensi che i nostri scambi con l'Italia sono di gran lunga superiori a quelli con gli Stati Uniti.

Vedete delle resistenze americane in questo senso?
Più che resistenze, direi che c'è una sorta di diffidenza legata al passato. Con l'Europa siamo riusciti a sviluppare relazioni in tutti i campi, per Washington invece contavano di più le questioni strategiche, come il disarmo. Con l'amministrazione Obama è stato creato un comitato presidenziale che prevede 21 gruppi di lavoro su tutti i temi, strategici, economici, culturali... Ci sono i presupposti per andare avanti.

Con l'Italia invece le relazioni sono intense in tutti i campi, a partire da quello economico.
Il primo stimolo ai nostri rapporti è la crescita dell'economia russa. Un mercato così grande offre molte possibilità alle aziende italiane. Ci sono relazioni storiche tra Italia e Russia, basti pensare al primo grande impianto Fiat a Togliattigrad. Ma gli ultimi anni sono stati importanti. Quando sono arrivato, nel 2004, gli scambi commerciali erano 10 miliardi di dollari, oggi sono tra 45 e 50 miliardi. Significa che c'è un grande interesse, da ambo le parti. Ci sono centinaia d'imprese italiane che lavorano in Russia, non solo grandi aziende, come l'Enel che ha investito più di 4 miliardi di euro, ma anche imprese familiari, ce n'è una di 4-5 persone che produce scarpe e le vende nel nostro Paese.

Un vero boom. Che cosa fate per sostenerlo?
Una cosa che spinge e aiuta è la collaborazione a livello regionale. I nostri due ministeri allo Sviluppo hanno creato una task force dei distretti industriali che si riunisce due volte l'anno, ma non è un incontro di burocrati, partecipano rappresentanti delle regioni e soprattutto aziende. Così, quando un imprenditore italiano viene in Russia, anche in una regione lontana da Mosca, trova chi lo aspetta e conosce già i dirigenti locali. Questo dà sicurezza e tranquillità. Lo stesso posso dire delle aziende russe che vengono a investire in Italia, non solo per quelle grandi come Lukoil, ma anche per le medie, alle quali serve pure aiuto finanziario. Durante la visita del premier Monti in Russia, Intesa-San Paolo e Gazprom Bank hanno creato un fondo di sostegno per la piccola e media impresa.

Per un'impresa russa però è più difficile operare in Italia rispetto a un'azienda italiana in Russia.
Non commento; se fossi un imprenditore, lo farei. Posso solo dire che tutti nella vita abbiamo conosciuto la burocrazia. Ma è proprio compito di un'ambasciata creare le condizioni per andare avanti. In ogni caso, l'agenda di questi anni è stata fitta e proficua soprattutto in campo commerciale: dall'aereo Superjet 100, frutto della joint venture tra Alenia-Aermacchi e Sukhoi Holding, fino al gasdotto South Stream, grazie all'intesa Eni-Gazprom.

Un progetto ambizioso: oltre 2.000 km di gasdotto, 900 dei quali sotto il Mar Nero. Quando partirà?
I lavori cominceranno il 7 dicembre e dimostrano la cooperazione strategica tra Russia e Italia. Ma in portafoglio c'è anche il reattore sperimentale a fusione nucleare Ignitum (è un progetto italiano: il prototipo sarà costruito in Russia grazie a un accordo firmato da Putin e Berlusconi nel 2010, ndr). Se riusciamo a realizzarlo aprirà un nuovo orizzonte: questa è l'alternativa energetica del futuro.

Mosca punta molto anche sull'Unione euroasiatica.
Potrebbe influire sui nostri rapporti bilaterali: è un mercato di 165 milioni di persone. Ora è un'unione doganale con Kazakhstan e Bielorussia, ma nel 2015 andremo oltre. È un organismo in pieno sviluppo. Le unioni, come Nafta e Mercosur, sono cresciute e diventate elementi di attrazione. L'enorme aumento degli scambi commerciali tra questi tre paesi offrirà molte opportunità ai nostri partner stranieri.

L'amicizia tra italiani e russi si è consolidata anche in altri campi.
I rapporti culturali sono storicamente molto intensi. La Russia ha imparato tanto dalla cultura italiana e molti grandi artisti italiani hanno lavorato in Russia, non solo architetti. Pensiamo all'opera: è arrivata in Russia con i cantanti italiani e sono stati gli italiani che hanno creato le basi per l'opera russa, che è diventata una delle migliori del mondo. Sono onorato che in questi anni siano cresciuti tanto i nostri scambi culturali. Da quando sono arrivato, abbiamo fatto una delle più grandi mostre di pittura alle scuderie del Quirinale: «Italia e Russia attraverso i secoli». Il 2011, poi, «Anno della cultura e lingua russa in Italia e della cultura e lingua italiana in Russia», ha messo in luce il grande interesse di pubblico in entrambi paesi. Solo gli eventi ufficiali sono stati più di 500.

In questi anni ha avuto rapporti istituzionali con diverse maggioranze politiche in Italia.
È stato il periodo politico più stabile della storia moderna italiana: ho conosciuto solo tre premier. E ognuno di loro ha accentuato la cooperazione strategica con la Russia. Tutti hanno sempre assicurato che i cambiamenti politici interni non avrebbero mai influito sui nostri rapporti. E così è stato.

Ha conosciuto tanti rappresentanti della politica italiana, ci racconti un episodio curioso.
Una volta sono stato invitato a una cena importante. Il padrone di casa apre la porta e mi dice: «Do svidaniya» (addio). Sono rimasto fermo sull'uscio, un po' interdetto. Lui voleva essere gentile e darmi il benvenuto. Comunque dopo l'imbarazzo iniziale gli sono stato grato, almeno ha fatto lo sforzo di imparare qualche parola in russo.

Che cosa le piace di più dell'Italia?
La diversità. Da nord a sud, dal Tirreno all'Adriatico, ci sono tante città e luoghi davvero belli e tutti diversi l'uno dall'altro, una ricchezza unica. Dico sempre agli amici e agli operatori che vengono qua: potete conoscere l'Europa senza uscire dall'Italia.

E degli italiani?
Il vostro carattere è molto simile al nostro. Mi piacciono l'apertura degli italiani a nuovi incontri, la grande ospitalità, la gentilezza, il saper vivere.

In questo secolo frenetico la gente lavora attivamente, ma deve anche avere altri interessi, dal divertimento alla cultura. Lavoro e tempo libero: gran parte degli italiani ha trovato questo difficile equilibrio. Lavoriamo per vivere, non viviamo per lavorare.

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