La sorpresa Un Paese ingovernabile

nostro inviato a Praga

Una sublime ironia certo non casuale ha voluto che la strada del centro di Praga dove ha sede il partito comunista ceco fosse ribattezzata dopo la rivoluzione di Velluto del 1989 via dei prigionieri politici. Quelli che facevano loro, negli anni bui del loro regime. Ieri pomeriggio in via dei prigionieri politici non c'era nessuno nonostante la diffusa attesa per una forte affermazione comunista. I sondaggi avevano fatto parlare i socialdemocratici di un loro monocolore forte del 30 per cento appoggiato dall'esterno dai comunisti, che avrebbero potuto superare il 15. Invece questo non è successo. In realtà i comunisti sono andati bene, e col loro 15 per cento sono il terzo partito del Paese. I socialdemocratici invece hanno fatto il disastro, superando a fatica il 20, un bottino rastrellato in gran parte nelle province. Risultato: un Parlamento minestrone con 7 partiti e partitini e nessuna maggioranza. In base alla prima distribuzione dei seggi, socialisti e comunisti hanno insieme 83 su 200, socialdemocratici 50 e comunisti 33, mentre una coalizione di tutti i partiti genericamente definibili di centrodestra arriva in teoria a 103 tenendo dentro però i populisti.
Sono proprio loro i veri vincitori e insieme al mezzo disastro del centrodestra questo fa sì che formare un governo a Praga sarà una impresa. Secondo partito ceco è infatti quello degli Elettori scontenti, che dal nulla ha conquistato il 18,6 per cento (47 seggi). Il loro leader Andrej Babiš è un miliardario molto discusso che ha promesso tutto e il contrario di tutto e che ora preferisce lasciar la parola al presidente Zeman, altro grande sconfitto della consultazione visto che aveva suggerito di riciclare i comunisti (lui stesso lo è stato in passato) e che il partitino personale che correva con il suo nome si è fermato all'uno per cento.
Completa il successo del fronte populista il partitino del pittoresco ceco-giapponese Tomio Okamura, che ha come unico slogan «Democrazia diretta, come in Svizzera».
Disastro completo invece per il centrodestra. Lo storico partito Ods, che guidò il Paese fuori dalla dittatura per diversi anni con comode maggioranze, è precipitato al 7,7 per cento (ha vinto solo nella città di Praga); paga una incredibile sequenza di scandali e fallimenti. Ha retto meglio, pur fermandosi sotto i 12 punti, il partito Top 09 dell'aristocratico Karel Schwarzenberg, l'uomo che invano contese la presidenza a Milos Zeman.
Già, Zeman. Ora tutti qui guardano a lui che avrà il compito di sbrogliare una matassa che sembra inestricabile. Purtroppo l'attuale presidente è tutto fuorché un arbitro imparziale.

La sua ostilità verso il campo conservatore è scoperta e risale a due giorni fa l'ultimo caso polemico che lo riguarda e di cui la stampa si è occupata diffusamente: la rivolta dei rettori universitari di tutto il Paese, che hanno rifiutato il suo invito al Castello ´- la residenza presidenziale - dopo che lui aveva deciso di lasciare fuori dai cancelli due illustri numeri uno di atenei che avevano avuto il torto di manifestargli scarsa simpatia. Il personaggio è questo e a poco vale rimpiangere i tempi di Vaclav Havel, il grande presidente dissidente scomparso due anni fa e che per sua fortuna non deve assistere a tanta decadenza della democrazia ceca.

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