Torna l'incubo della guerra: fuga dall'Iraq

Le compagnie petrolifere lasciano il paese per l'avanzata dei jihadisti. Bagdad agli Usa: "Bombardateli". Bambini in guerra

Torna l'incubo della guerra: fuga dall'Iraq

Cresce la paura in Iraq, con i jihadisti dell'Isis (Stato Islamico dell'Iraq e del Levante) che avanzano verso Bagdad. Le compagnie petrolifere, preoccupate, lasciano il paese: la British Petroleum ha avviato l'evacuazione totale mentre la Exxon Mobil per ora si limita a riportare a casa il 20% del proprio personale. Anche i cinesi di PetroChina, investitore più importante nel settore petrolifero in Iraq, portano via lo staff "non essenziale". Il gruppo malese Petrobas ha deciso di far partire 28 dei 166 impiegati. Secondo quanto riportato dalla compagnia statale irachena South Oil Company, le altre aziende, fra cui Eni, Schlumberger, Weatherford e Baker Hughes, al momento non hanno piani per l’evacuazione, essenzialmente per una ragione: sono insediate nel sud del paese, dove il governo ha ancora il controllo della situazione. L'apprensione delle società petrolifere è comprensibile, perché è cosa nota che tra gli obiettivi dei jihadisti ci siano gli impianti di estrazione e raffinazione del greggio. Come ad esempio è avvenuto a Baiji, a 200 km a nord di Bagdad. I miliziani sunniti sono riusciti a entrare nell'impianto prendendone in parte il controllo, anche se l'esercito iracheno afferma di aver respinto l'attacco. L'impianto contribuisce per poco più di un quarto alla capacità di tutte le raffinerie del Paese, che forniscono prodotti per l'uso domestico, come benzina, olio per cucinare e carburante per centrali elettriche. Durante la rivolta del 2004-2007 la struttura era controllata dai militanti sunniti.

Arruolati anche i bambini

Alcune foto mostrano dei bambini-guerrieri che combattono con l'esercito regolare iracheno contor i jihadisti, convinti a fare questo passo, a quanto sembra, dalle loro stesse famiglie o da alcuni religiosi sciiti. Si tratta di ragazzini o anche bambini di nemmeno dieci anni con in mano pistole e fucili.

Alla ricerca di una strategia comune anti qaedista

Dopo che la settimana scorsa la città di Mosul è caduta in mano ai militanti jihadisti, si segnalano profonde divisioni sulla strategia migliore da adottare per sconfiggere i ribelli. Nei dintorni della seconda città dell’Iraq, si susseguono gli incontri tra peshmerga curdi, esercito e governo con l’obiettivo di trovare una soluzione politica o militare. I guerriglieri curdi peshmerga hanno proposto di riprendere la zona ovest di Mosul e di spingere i jihadisti verso i quartieri orientali. Poi di costruire dei muri di cemento sui cinque ponti della città per evitare il ritorno dei militanti nei quartieri liberati per poi lasciar intervenire l’esercito. Il capo della polizia di Mosul, generale Khalid al-Hamdani, ha invece sottolineato che sono necessari "100 carri armati e blindati" per riprendere la città. E non si esclude ancora un intervento esterno (l'Iran ha già mandato un po' di uomini e promesso altri aiuti, gli Stati Uniti hanno già mandato 250 marines).

Intanto il governo iracheno ha chiesto agli Usa di

538em;">compiere raid aerei contro i miliziani jihadisti: lo ha detto il ministro degli esteri iracheno Hoshyar Zebari citato poco fa dalla tv panaraba al Arabiya.

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