Non brucia di vita come la trasgressiva Amsterdam, ha semmai l'aspetto della sorella nerd. Ma è lei, Utrecht, la star d'Olanda. Anche quest'anno è in vetta a due classifiche. Secondo l'Indice 2013 della Commissione UE è l'area più competitiva d'Europa mentre secondo la graduatoria di Shanghai vanta la migliore università del Paese.
Ciò che la rende competitiva è proprio la qualità della formazione. L'università collabora a stretto contatto con aziende eccellendo nel settore delle Scienze della vita, ICT, Sostenibilità. Su 95mila alumni 12 hanno conquistato il Nobel, 12 il premio Spinoza e nel 2013 il Breakthrough Prize: il premio per la medicina istituito da Zuckerberg (Facebook), Brin (Google) e Milner e che batte il Nobel per la posta in gioco, cioè 3 milioni di premio. Il vincitore del Breakthrough è l'olandese Hans Clevers, direttore dell'Hubrecht Institute, dunque nell'orbita dell'Università di Utrecht e del connesso Parco delle Scienze dove operano 60 aziende, tra cui Danone, Genmab, TNO, Deltares.
Ma quanto sono vere queste classifiche? Che ripercussioni hanno? Ce ne parla Hans Clevers, voce tra le più autorevoli di Utrecht: «Incidono senza dubbio sulle decisioni delle persone. Possono attrarre potenziali studenti ed eccellenti scienziati. Le classifiche spingono le università a promuovere l'eccellenza, a sostenere, anziché ostacolare, scienziati ambiziosi». Pare che l'Università di Utrecht sia collaborativa e flessibile «mi consentì di iscrivermi in contemporanea alla facoltà di biologia e di medicina, e poi di fare esperienze negli Usa e a Nairobi». Altro ingrediente dell'eccellenza: «É aperta verso l'esterno, non è legata esclusivamente a obiettivi accademici». E poi gioca la carta della meritocrazia. «Promozioni e fondi addizionali per la ricerca vengono assegnati dopo concorsi e valutazioni. E quando un giovane scienziato è riuscito a guadagnarsi una borsa di studio gli viene concessa totale indipendenza, cosa che accade a diversi livelli della carriera. I migliori non subiscono l'azione di freno di vecchi insegnanti, ma possono crescere in autonomia. Questo approccio ci rende competitivi in Europa. Se mi permettete, sento di dire che in questo senso l'Italia dovrebbe migliorare». Utrecht è un'eccellenze d'Europa, però compete a fatica con gli atenei statunitensi. Cosa succede alle scuole del vecchio mondo? «C'è un problema di fondo. Ed è l'organizzazione gerarchica, e dunque obsoleta, più il fatto che sono in molti ad ottenere ruoli permanenti. Le realtà americane sono competitive a ogni livello, per questo le olandesi si avvicinano più al mondo statunitense che a quello europeo. Noi impieghiamo fondi e contratti a lungo termine per creare stabilità. Quest'ultimo aspetto è positivo in tempi di crisi come i nostri, so di colleghi americani che stanno soffrendo anche se vengono da un passato di successo».
Utrecht «ha un bel centro storico e un sacco di infrastrutture per studenti, fattori che esercitano attrattiva sugli studenti» ancora Clevers. Certo, è un luogo da scoprire con la stessa calma che lo connatura. É una città biciclettante dove 4 persone su 10 si muovono su due ruote, solo il 19% ricorre all'auto, a beneficio di fisici snelli, anche in tarda età. Ha un sapore fiabesco per effetto del crocicchio di canali, vialetti e casupole medioevali, il tempo scorre scandito dal carillon del duomo, icona della città. Il tutto si replica - in scala minore - nell'intera provincia. Per questo, a un primo sguardo risulta difficile pensare che quest'angolo d'Olanda low profile, apparentemente sonnacchioso, balzato in primo piano per i tre secoli dalla stipula della pace di Utrecht (1713), risulti il più competitivo d'Europa.
Basta, però, frugare dietro a tanto riserbo e rimuovere certa patina calvinista, e si scova il segreto del successo: scuola, ricerca, efficienza, progettualità. A proposito di progetti.
di Piera Anna Franini
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