Ieri, mentre nostra moglie puliva casa, ragionavamo in poltrona sulla nuova figura sociale di cui abbiamo letto sui giornali. Il maschio performativo.
Chi è? Beh, è quell'uomo che si comporta come pensa che lo voglia la donna femminista. E cioè alternativo, fluido e sensibile ai problemi femminili. Tipo manifestare una disperazione profonda per i dolori mestruali o indignarsi per il catcalling. Una vita da cani insomma. Curioso come certi uomini si realizzino rinnegando il meglio del proprio sesso.
Comunque. Il maschio performativo si mette la matita per gli occhi, usa orrende borse di tela, ama i cardigan vintage, guarda i programmi della Fagnani, ascolta Olly e su TikTok segue Edoardo Prati, l'influencer che ha prestato la parrucca a quello che cercava di sostituirsi alla mamma per riscuoterne la pensione.
Se non fosse che mette le Birkenstock e legge la Murgia vorremmo essere anche noi un maschio performativo. Il guaio è che adesso le donne progressiste, in realtà le più tradizionaliste, dicono che i maschi performativi si comportano così solo per interesse: fanno finta di abbracciare la causa femminista per apparire migliori agli occhi delle donne e portarsele a letto più facilmente.
Degli schifosi manipolatori e misogini, insomma.E così alla fine il vecchio maschio sessista, machista e un po' tossico (nel senso di «fatto») è migliore del nuovo maschio performativo, effeminato e femminista. E non deve mettersi neppure lo smalto.