Roma Bastano due griffes del «collezionista» di gol per far sorridere Leonardo. Il brasiliano evita lonta degli «zeru tituli» grazie al Signore delle Finali Samuel Etc: il 14° e 15° sigillo del camerunense in una sfida da trofeo sono sufficienti per spegnere il sogno del Palermo e dei 45mila sostenitori rosanero arrivati a Roma. Il massimo con il minimo sforzo, le grandi squadre sono così. Ma la punizione per la squadra di Delio Rossi è severa, se si guarda allimpegno profuso dalla meglio gioventù rosanero e al meritato gol di Muñoz che arriva però solo sui titoli di coda. Le due rasoiate alla gola dei siciliani che lattaccante nerazzurro affonda al 26 del primo tempo e al 31 della ripresa sono la cartina tornasole del motivo principale del match: da un lato la banda di giovani che danno il 110 per cento, mettono cuore, anima e abnegazione sul campo, dallaltra gli esperti «cannibali» nerazzurri, abituati alle partite che valgono e pronti a colpire nelle uniche occasioni concesse dallavversario. Si chiama cinismo e lInter ne pare compiaciuta, soprattutto nella ripresa quando il Palermo esercita lo sforzo massimo per riequilibrare il match (decisiva in questo senso la parata di Julio Cesar su Miccoli). Inutile il gol di Muñoz, nato però da unazione irregolare - un corner che non cera - anche perché il Principe Milito decide di mettere anche il suo sigillo proprio sul fischio finale.
In tribuna insieme al presidente del Senato Schifani, che consegnerà a capitan Zanetti i trofei, sei ministri, il gotha dello sport italiano.
Leonardo può sorridere: recuperati sia Ranocchia (dopo la febbre della settimana) che Sneijder, in dubbio per i postumi dellinfortunio al polpaccio. Delio Rossi sceglie Hernandez come terminale offensivo e Acquah a centrocampo. Olimpico strapieno con 45mila maglie rosanero che creano un magnifico contrasto con i 25mila sostenitori dellInter. È la partita di Leonardo, a caccia del primo trofeo italiano da allenatore, ma anche di Delio Rossi, che la Coppa Italia laveva alzata due anni fa quando guidava la Lazio. Insomma i neofiti assoluti del Palermo - nessuno di loro era nato quando il Palermo perse la sua seconda chance di vincere la Coppa Italia - contro la corazzata nerazzurra, che in sette anni ha alzato 15 trofei. Tutti motivi che trasformano la finale del 150° dellunità dItalia - alla fine verranno consegnate due Coppe - in un appetitoso cocktail di fine stagione.
Il Palermo mostra subito la «fame» dei suoi giovani, uno dei quali (Hernandez) si emoziona sparando sullesterno della rete il ghiotto pallone servitogli in area da Ilicic dopo 50 secondi. Piace lapproccio dei ragazzi di maestro Delio: assalto a ogni palla, pressing alto e centrocampo che morde le caviglie degli avversari, insomma una gara senza paura come è nel Dna dei rosanero. Ma il galeotto contrasto duro a centrocampo tra Acquah e Thiago Motta è lepisodio che spacca in due la partita: il rimpallo consente a Sneijder di innescare il Signore delle Finali Etoo, Cassani è in ritardo e il camerunense timbra il suo 36° cartellino stagionale. La squadra di Delio Rossi accusa il colpo ma non si perde danimo, lo dimostra il secondo tempo con un Miccoli in più nel motore. Si racconta che dopo la riunione tecnica non avesse gradito molto lesclusione dallundici titolare e in campo mostra un vigore da leone ferito. Ma anche lui non riesce a sbloccare il match (Lucio si immola su una sua bordata da fuori area). Ma quando Sneijder pesca di nuovo Etoo davanti a Sirigu, il risultato non può che essere uno: il gol. Il sogno rosanero finisce qui, nonostante il gol di Munoz reso vano da Milito. Tanti i rimpianti, ma anche tanto orgoglio per una partita da applausi. Anche per Sirigu che vola a togliere dal sette la parabola di Sneijder, che in fondo un gol lavrebbe meritato.
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