L'enfant prodige dedica la Coppa al giovane di successo per antonomasia, Pep Guardiola. «Lui per me è una continua fonte d'ispirazione, e lo sa», ha detto Andrè Villas Boas dopo la conquista dell'Europa League con il Porto. A 33 anni è il più giovane allenatore a vincere una competizione europea.
La dedica è anche per Bobby Robson, scomparso nel 2009, a cui il 16enne Villas Boas metteva biglietti con indicazioni tattiche nella cassetta delle lettere quando era il tecnico inglese a sedere sulla panchina del Porto. «A Sir Bobby Robson, che ebbe così tanta pazienza con me e dal quale non ho potuto congedarmi». Villas Boas, di famiglia nobile, abitava nello stesso palazzo dell'ex ct dell'Inghilterra, che lo prese come osservatore a 17 anni. Il nuovo fenomeno ha ricordato anche Josè Mourinho («al quale devo molto») accanto agli altri, ma dallo Special One si era distanziato alla vigilia della finale con il Braga dicendo che «il calcio non è un "one man show"».
Del resto l'ex assistente che ha imparato a volare da solo sta superando il maestro. Mourinho vinse scudetto e Coppa Uefa al primo anno al Porto, nel 2003; Villas Boas lo ha rifatto (Europa League invece di Uefa), in più mantenendo la sua squadra imbattuta in entrambe le competizioni. Mourinho ci riuscì a 40 anni, Villas Boas 7 anni prima. E domenica può prendersi anche la Coppa del Portogallo, che otto anni fa sfuggì allo Special One. Le analogie tra il cammino del guru e quello del discepolo ex assistente stanno diventando impressionanti. Lo stratega dei Dragoni dev'essere diabolicamente tentato dal ripetere l'impresa impossibile del secondo anno: vincere la Champions League. «È molto difficile», ha avvertito dopo il trionfo di Dublino.
Inseguito dal paragone, definito Special Two, Villas Boas vuole distinguersi da Mourinho per trovare un'identità propria, come se le vittorie da sole non bastassero. Insiste sul noi contrapposto all'io senza confini del modello. «Siete troppo focalizzati su di me: è il Porto che ha vinto», ha rimproverato i giornalisti dopo la vittoria sul Braga. E ancora: «Qui non si parla di ambizioni individuali: tutti insieme abbiamo fatto un percorso difficile e lungo e alla fine abbiamo vinto».
Cerca lo spettacolo e si è rammaricato di aver battuto il Braga senza darne. Rispetta e stima gli avversari (ha esaltato Domingos, tecnico del Braga, da giocatore oggetto dei primi "pizzini" per Robson). Insomma, quasi l'anti-Mourinho.
«Voglio restare altri dieci anni al Porto», ha promesso.
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