Unimmigrazione qualificata mescolata all'economia di mercato e alla meritocrazia sono un forte carburante per il successo di un Paese. Secondo l'Ocse, l'Italia è tra i Paesi con meno immigrati ad alta formazione (13%). Da un lato attira talenti dall'estero, in particolare dall'Est Europa, ma soltanto per un periodo limitato.
Secondo Sveva Avveduto, capo dell'unità di ricerca dell'Irpps-Cnr, «nei laboratori nazionali il gruppo estero più numeroso (35%) è est europeo, in maggioranza russi, rumeni e albanesi». (Fonte: www.aduc.it). Seguono gli asiatici (soprattutto cinesi), sudamericani, africani, mediorientali e australiani; sono per lo più fisici, ingegneri, biologi e chimici, con un'età media di 36 anni. Inizialmente scelgono l'Italia su invito di qualche istituzione e per le opportunità scientifiche, ma in seguito solo il 16,2% prevede di rimanere oltre 5 anni. Il 37,3% resta meno di un anno.
Le difficoltà per i permessi di soggiorno, i salari inadeguati al costo della vita e le difficoltà di un contratto stabile, spingono i più a ripartire. Per gli specialisti est europei le principali destinazioni sono gli Usa (49,9%), Ue, Gran Bretagna (41,2), Svezia (40,19) e Irlanda (27,5), oltre alla Germania (30,4) che sta aprendo all'emigrazione purché qualificata. Come dire, i mercati più dinamici si attrezzano con vantaggi fiscali non solo per attirare ma anche per trattenere i talenti.
Da febbraio il Consiglio europeo di ricerca, con un budget annuale di un miliardo di euro, punta a contendere ricercatori agli Usa. E da settembre 2007 è prevista la «Blue card» per immigrati altamente qualificati.
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