da Milano
Due gol, Liverpool o Juve poco conta. Inzaghi non fa sconti e non si fa problemi. Champions o trofeo Berlusconi, poco conta. Vince il tremendismo inzaghiano. Sempre e dovunque, pur di mettere quella palla in rete. Tra un tempo e laltro e nel giro di pochi minuti sono stati guizzi fulminei e scosse da pugno del ko. Il Milan vince per la terza volta consecutiva il trofeo della casa madre, lItalia del pallone se la gode.
Tanto made in Italy in campo, giusto per dare una spolveratina di successo al nostro calcio. Troppi lavori in corso per entrambe le squadre. San Siro con bel colpo docchio per aver appena passato il Ferragosto. Emozioni frammentate. Milan e Juve hanno cercato di ripagare il prezzo del biglietto. Cosaltro chiedere ad unamichevole targata trofeo Berlusconi? Intrigante finalmente vedere gli italiani prendere possesso del campo e irrompere quasi in massa nella partita: tre soli stranieri nel Milan di partenza con altri due ad occhieggiare dalle tribune (Kakà bloccato da un problema muscolare, in compenso nel finale è entrato il fratello, e Ronaldo a far da spalla), Juve con sei italiani su 11.
Il Milan ha rinunciato allultimo a Kakà, la Juve ha lasciato a casa Trezeguet (problema ad un piede). Nei fatti ci ha perso di più la Signora, nella sostanza Kakà conta di più per il Milan. Ma per una volta se ne può fare a meno. Ancelotti ne ha approfittato per rivedere tutti gli assestamenti del centrocampo e riprovare Inzaghi e Gilardino in attacco. Solita storia: Pippo, che giochi solo o in compagnia, è un irrefrenabile dispensatore di emozioni e fremiti. Quellaltro alterna trovate da pesce lesso a bisticci con la fortuna. Eppoi fatica a giocare in compagnia di un attaccante vero. Ed, infatti, Inzaghi nel primo tempo ha pizzicato la difesa avversaria e si è dannato finché non è sbucato in area a pescare il cross di Ambrosini per lasciare di sale Criscito, Andrade e Buffon: colpo di testa e gol dell1-0. Magistrale nellesecuzione e nei tempi, giusto sul finale della prima parte. Invece, appena iniziata la ripresa, ha dimostrato di essere killer imperdibile, sfruttando una deviazione aerea di Gilardino per fulminare Buffon e Salihamidzic che, forse, avrà capito quanto è difficile giocare da queste parti.
Di contro Gilardino ha lasciato dietro di sé solo tracce di fumo e poco arrosto. Però è stato interessante veder gioco dattacco tutto italiano, in ogni senso. Dallaltra sponda Iaquinta ha fatto da spalla a Del Piero che ha cercato conclusioni e gol con gran buona lena. Ma, ad ogni tentativo, ha trovato piedi scomodi a deviar palla o lattenzione di Dida. Idee per Donadoni, che stava in tribuna, ed avrà notato che il made in Italy milanista è più votato al presente e allevergreen (Inzaghi e Ambrosini per tutti, ma non male neppure Favalli e Oddo finalmente consistente nelle sue avventure sulla fascia), quello juventino al futuro con Criscito e Nocerino che hanno dato impronta alla loro partita, pur con errori e ingenuità. Invece Palladino ha sostituito Iaquinta allinizio della ripresa, promettendo tanto e mantenendo meno.
Età e bravura contano ancora e il Milan lha dimostrato cammin facendo. La Juve è stata più svelta allavvio, la gente di Ancelotti più consistente sui tempi lunghi. La Juve ha dimostrato che i suoi lavori in corso hanno bisogno di approfondimenti. Per esempio il gioco del centrocampo è ancora avventuroso: Nocerino sembra il più sveglio della compagnia. Almiron pare un Veron, non solo perché argentino e pelato come laltro, con meno personalità. Nedved nel secondo tempo ha detto che sarà ancora un protagonista. Tiago, entrato al posto di Almiron, suo sosia di gioco, non ha spiegato chi meriti davvero la maglia del titolare. Anche se ha cercato il gol con più decsione.
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