da Roma
Alla fine, ha avuto la meglio la realpolitik. Alla fine, il Cavaliere ha desistito, convinto dai suoi a non prestare il fianco a inutili polemiche. Alla fine, il suo sfogo non è giunto, via Matrix, quindi via etere, a risvegliare il dopocena degli italiani. Alla fine, in parole povere, ha prevalso la linea della cautela. Quella della laboriosa mediazione, delle trattative riservate. Quella che ha portato ancora una volta il sodale Gianni Letta ad intercettare gli umori del Colle - ma non solo - poco propenso, manco a dirlo, a dover gestire un nuovo scontro tra premier e magistrati, tra maggioranza e opposizione.
Già, basta andare infatti oltre la versione ufficiale del forfeit mediatico, illustrata in maniera esauriente dalla nota di palazzo Chigi e dalle parole di Enrico Mentana, per capire che il passo indietro del Cavaliere si può spiegare anche in un altro modo. Basti pensare che i primi dubbi sulla sua partecipazione iniziavano a circolare già mercoledì sera, quando tutto lasciava presagire che Berlusconi avrebbe parlato agli italiani, come annunciato il giorno prima da Acerra, per raccontare ciò che di buono ha fatto in questi mesi il suo governo e spiegare quello che sta succedendo nel Paese. Per dare quindi la sua versione dei fatti, il suo punto di vista sul clima rovente che si respira da settimane.
Ma così non è stato. Così come quelle pericolose e piccanti intercettazioni telefoniche provenienti da Napoli, che avrebbero come protagonisti il premier ma anche alcune ministre, non sono uscite fuori. Forse non esistono, abbozza ora qualche bene informato, ma di certo non sono state pubblicate, nonostante in molti scommettessero, ieri mattina, l’arrivo imminente di un nuovo patatrac.
Telefonate, riunioni, trattative. C’è di tutto negli ultimi boatos in circolazione da ieri pomeriggio, concentrati sul ruolo sotto copertura svolto da un paio di fedelissimi. Alla luce del sole, invece, nelle ore precedenti al no ufficiale - sul quale, assicurano fonti parlamentari del Pdl, hanno influito di certo anche i temi che avrebbe voluto affrontare in trasmissione Mentana - il Cavaliere ha avuto modo, come da prassi consolidata, di sentire il parere di una cerchia ristretta di collaboratori. Alcuni per telefono, altri direttamente a palazzo Grazioli. Da Ghedini a Bonaiuti, da Cicchitto a Quagliarello. Ha sentito tutti, insomma, poi ha deciso di rimanere a guardare.
«Avrei tante cose da dire, ma mi trattengo per il bene del Paese», avrebbe riferito in uno dei faccia a faccia.
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