Un ex imprenditore a 63 anni diventa prof «Ve la do io la scuola...»

Caro direttore,
sono un ingegnere aeronautico con brevetto di pilota civile imprestato da qualche anno alla scuola italiana poiché il mio «turno» da imprenditore con dipendenti a carico è terminato, senza troppi sussulti grazie a Dio, qualche anno fa. Il tutto poiché nella mia città, Vercelli, è nata l’iniziativa di un Istituto tecnico per Periti del Trasporto aereo nel quale si insegna Navigazione aerea, la mia materia appunto, per insegnare la quale è necessario avere i miei titoli. Da circa cinque anni quindi (oggi ne ho sessantatré) mi è toccata l’esperienza di frequentare la scuola italiana nella quale potrà immaginare come si sia collocata una persona abituata a concepire il lavoro in termini di orari di 10-12 ore quotidiane, chilometri percorsi all’anno dai 50.000 in su, giornate lavorative annue prossime alle 300, rischio imprenditoriale personale e fisico eccetera. Oggi guadagno 1.350 euri netti (uso sempre il plurale!) per 20 ore di insegnamento la settimana, in un calendario scolastico che prevede ben, si fa per dire, 200 giorni l’anno totali. Prevenendo le solite litanie, è vero che si debbano considerare anche alcuni pomeriggi passati a correggere compiti e fare inutili riunioni. Per la seconda volta sono stato impegnato negli esami di maturità, i risultati dei quali leggiamo oggi sui giornali, avendo la ventura di essere in una commissione di quelle «giuste». Infatti il presidente della stessa ha sostanzialmente dichiarato che gli alunni vanno tutti promossi poiché, al di là della loro prova di esame, sono stati ammessi in maggio all’esame stesso. Questo è stato il ragionamento di base, assieme all’atteggiamento buonista di tutti gli altri colleghi, interni ed esterni, il tutto per far sì che «non si avessero grane». Si sa infatti che i promossi non protestano, come invece in qualche caso succede oggigiorno per i bocciati. A metà esame ho minacciato di abbandonare la commissione; mi pento di non averlo fatto veramente. Poiché grazie a Dio sono un precario e termino il mio contratto il 30 di giugno, il prossimo anno non lo prolungherò per l’esame di Maturità. Preferisco andare a spasso in bicicletta per i miei boschi.
- Vercelli

Che cosa succede se un imprenditore si trova, di colpo, a tarda età, proiettato nel mondo della scuola? Ecco qui: il nostro amico 63enne Roberto ce lo racconta in modo molto semplice, chiaro e divertito. Penso che la sua testimonianza sia un piccolo gioiellino, una cartina di tornasole perfetta per capire la distanza che separa le nostre aule scolastiche dalla realtà. Fosse per me questo scritto lo farei appendere in tutte le stanze dove si riuniscono i potenti sindacati dei professori, lo farei leggere obbligatoriamente prima di iniziare le riunioni al ministero con le «parti sociali», lo ripeterei come un mantra non appena arrivano le solite lamentele sul fatto che «manca personale» e che «gli insegnanti sono troppo pochi»... E lo farei leggere anche a quegli studenti che si stracciano le vesti perché gli esami cominciano a essere esami seri, ai loro genitori malati di post-Sessantotto che giudicano il ritorno alla severità una «pessima notizia», ai commentatori che non capiscono che l’unico modo per salvare la scuola è ripristinare un po’ di meritocrazia (dicono: è sbagliato tornare indietro. Ma perché? Se «indietro» c’erano cose che funzionavano bisogna proprio buttarle tutte via?).

Adesso lo so che cosa pensano molti prof in agguato: per forza il nostro amico Roberto si trova male all’Istituto tecnico, non ha ancora capito che la scuola è molto diversa da un’azienda. A me sembra invece che l’abbia capito benissimo. Fin troppo. Ora bisogna che lo capiscano i professori, però...

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