Export in frenata e meno flussi di turisti

Il super euro, o, secondo l’ottica, il mini-dollaro, ha un forte impatto negativo su tutte le aziende esportatrici: perché subire i costi in euro (valuta forte) e vendere in dollari (valuta debole) mette a rischio qualunque profitto. Molte imprese, specie multinazionali, possono equilibrare i costi di produzione dando più peso agli stabilimenti all’estero - dove la manodopera costa meno, e per giunta è pagata in monete agganciate al dollaro -; ma sul prodotto finale resta lo squilibrio.
Soffre dunque il sistema del Made in Italy, esportatore per antonomasia: quindi il tessile-abbigliamento, ovvero la moda, il mobile-arredamento, l’alimentare, le macchine utensili. Queste ultime ci ricordano che non c’è solo un Made in Italy fatto di prodotti di consumo, ma anche un Made in Italy «pesante», al servizio, a sua volta, di imprese di tutto il mondo. Riflessi negativi si possono intravedere anche per il mercato del lavoro: se le imprese italiane vedono contrarsi le proprie vendite all’estero, potranno essere indotte a ridurre il loro carico di manodopera. Altro settore fortemente penalizzato è il turismo «incoming», ovvero quello che dall’estero viene in vacanza in Italia: gli ospiti provenienti dagli Stati Uniti e dai Paesi di area dollaro (dall’Arabia Saudita, all’Asia, al Sud America) sono disincentivati dai costi più elevati.

È un brutto colpo per le compagnie aeree italiane (settore peraltro già decimato), per gli alberghi, i ristoranti, e per tutti i servizi accessori (dai taxi, alle guide, ai negozi di souvenir). Penalizzati anche i risparmiatori che hanno investito in titoli azionari o del Tesoro americano: il valore reale di portafoglio si svaluta, e più leggere appariranno anche le cedole.

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