Ha la faccia del bravo ragazzo, del fidanzato che ogni mamma vorrebbe per la propria figlia. E bravo ragazzo lo è per davvero: colto e disponibile. Ma cattivo, terribilmente cattivo, quando calza i pattini e si presenta sul ghiaccio, pista lunga. Lì, se potesse, azzannerebbe anche il suo miglior amico: un Cannibale della vittoria, ecco chi è Enrico Fabris da Asiago, iscritto alla Facoltà di Scienze Forestali dell'Università di Padova. Meno di un anno fa, alle Olimpiadi di Torino 2006, ha fatto saltare il banco: due medaglie d'oro e una di bronzo, come lui nessun altro italiano prima. In questi giorni è di nuovo sotto la Mole: le Universiadi sono diventate un altro suo terreno di caccia, in attesa dei Mondiali da disputarsi a Heerenveen, in Olanda (9-11 febbraio). Dopo i due ori vinti sui 1000 e 1500 metri, stasera toccherà alla gara a squadre: l'Oval, ormai diventato «PalaFabris», si aspetta un altro trionfo. «Questa ormai è casa mia, conosco ogni metro dell'impianto. E c'è sempre un sacco di gente che viene a vedere le nostre gare».
Non basta: dopo il suo appello di qualche giorno fa, l'amministrazione comunale e la Federazione sembrano vicine a trovare un accordo che permetta all'Oval di diventare Centro Federale per tre mesi l'anno. Soddisfatto?
«Direi proprio di sì. Sarebbe assurdo che, con un impianto del genere, fossimo ancora costretti ad allenarci all'estero».
Che effetto fa essere diventato un personaggio le cui osservazioni vengono ascoltate anche ai piani alti?
«Ne sono orgoglioso. A un anno di distanza dalle Olimpiadi, era giusto riportare l'attenzione sul nostro sport: le cose si stanno mettendo bene, speriamo arrivino fatti concreti».
Temeva di essere stato dimenticato?
«Proprio no. Torino, poi, è diventata la mia seconda città: la gente mi riconosce ancora adesso, mi ferma per strada e mi chiede l'autografo. Città fredda? Ma dove?».
Che ricordo ha dei venti giorni olimpici?
«Una splendida favola, iniziata appena arrivato al villaggio olimpico e terminata sul palco della Medal Plaza. Un sogno, semplicemente: a Torino ho provato emozioni che difficilmente riesco a trasformare in parole. Mi resterà sempre impressa nella memoria la premiazione, la sera dopo l'oro nei 1500 metri in piazza Castello: la festa della gente, l'entusiasmo, i tricolori ovunque. In quell'istante ho davvero capito cosa avevo fatto».
Quanti complimenti ha ricevuto in quei giorni?
«Tantissimi. Ne ero letteralmente assediato. Anche se il messaggio più curioso me l'ha spedito un mio compagno di università: ti ho visto in televisione e mi sei venuto in mente, puoi mandarmi gli appunti di economia?».
Che estate ha passato, dopo la sbornia di premiazioni?
«Per certi versi complicata, dovendo incastrare mille impegni e non volendo dire troppi no. Siccome però non volevo che gli impegni mondani mi impedissero di restare ai vertici, ho continuato con gli stessi ritmi di allenamento di prima».
In cosa è diverso il Fabris pre-olimpico da quello post?
«Nel fatto che ho dovuto affidarmi a un manager per gestire tutti i miei impegni».
Che regalo si è fatto dopo gli ori olimpici?
«Una chitarra nuova. La prossima estate arriverà anche un viaggio, ma non ho ancora deciso dove».
Si è fidanzato?
«Lo ero anche prima dei Giochi, ma non ho voluto rendere pubblica la cosa: siamo tipi riservati e non amiamo troppa pubblicità, anche se fa piacere imparare a convivere con situazioni nuove e appaganti».
Che però non la soddisfano quanto una passeggiata in montagna.
«Non ci rinuncerei per nulla al mondo: da solo o con mio fratello, a piedi o in bicicletta».
Nei giorni dei Giochi era scettico sulla possibilità di partecipare a un reality: ora che ne pensa?
«Potrei anche farlo. E non sarei neppure il primo sportivo ad accettare».
Come ha passato il capodanno?
«In famiglia, come al solito e come piace a me».
Enrico Fabris in cosa crede?
«Nei valori che mi sono stati insegnati, non imposti».
È stato anche ricevuto dal Papa: sensazioni?
«Io sono un cattolico praticante e davanti al Santo Padre ho vissuto un altro momento indimenticabile. L'ho incontrato in Vaticano, durante la giornata mondiale della gioventù.
Enrico Fabris ha un vizio, un difetto?
«Sono maniaco degli allenamenti: quando penso al pattinaggio trascuro tutti. Forse esagero con il perfezionismo».
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