«Faccia d’ananas» torna a casa, ma in galera

«Faccia d’ananas» torna a casa, ma in galera

Lo chiamavano «faccia di rana», per via dell'impianto mandibolare simile a quello di un batrace. Ma l'appellativo di «faccia d'ananas» (cara de pina), per via della pelle vistosamente butterata, ebbe subito più successo. A vederlo adesso, appesantito dall'abulia e dalla sedentarietà degli anni di carcere, il collo già inesistente inghiottito dal lardo, i capelli color bitume perennemente imbrillantinati e la faccia da spacciatore spavaldo - però come disorientato, a tratti - Manuel Noriega non sembra più lui. Eppure, vestito di nero e rinfrancato da un goccio di tequila, il sorriso sghembo da sicario psicopatico farebbe ancora la sua figura, il vecchio don Manuel, nei panni del ballerino di tango di periferia.
Di Manuel Noriega, 77 anni, ex «padrone» di Panama, una vaga somiglianza con Domenico Scilipoti, si erano perse le tracce. Fino a ieri mattina, quando un filmato trasmesso sul circuito internazionale (lui in manette, rivestito di una tuta beige da carcerato, rincagnato fra guardie armate) non lo ha tratto dall'oblio. Da Parigi, dov'era detenuto dall'anno scorso (dopo essersi fatto 21 anni di carcere in America per traffico di droga) Noriega era in transito. Aeroporto di Orly, volo di linea dell'Iberia diretto a Panama via Madrid. A «casa», nel carcere di «El Renacer» (la rinascita) una vecchia base militare statunitense a 30 chilometri dalla capitale, Noriega dovrà scontare altri vent'anni di carcere per violazione dei diritti umani e per aver ordinato l'assassinio di alcuni oppositori politici. Ma è probabile che alla fine, lo prevede una legge per gli over 70, gli concedano gli arresti domiciliari.
Morti Milosevic, Saddam Hussein e Gheddafi, Manuel Noriega è rimasto l'ultimo (a parte Fidel, il lider maximo vecchio e malato) a tenere alta la bandiera dei dittatori che hanno tenuto banco per buona parte dell'ultimo scorcio del secolo scorso. Alta per modo di dire, s'intende, visto che anche per Noriega, come per tutti i dittatori venuti in uggia agli Stati Uniti, che pure li avevano sostenuti o quantomeno tollerati finchè facevano comodo, era suonata da tempo la campana.
Sorretto fin dagli anni Cinquanta dalla Cia, che in America centrale, il «cortile di casa», dettò per decenni la sua dura legge mettendo e levando capipopolo a seconda del capriccio e della convenienza, Noriega fu abbattuto con una spallata dagli Stati Uniti nel 1989. Aveva alzato troppo la cresta. Così, da utile alleato che era stato, diventò un bel mattino un pericoloso commerciante di droga. Nacque così l'operazione «Giusta Causa», con l'invasione di Panama da parte di una divisione dei marines. Una guerra. Vista la mala parata, Noriega si rifugiò nel palazzo della Nunziatura apostolica. Ma già si capiva che la sua stella aveva smesso di brillare per sempre.
Come Gheddafi, anche Manuel Noriega veniva dai ranghi dell'esercito. Braccio destro di Omar Torrijos, che nel 1969 aveva detronizzato con un golpe Arnulfo Arias, Manuel Noriega era generale già nel 1983, a 45 anni. Ma a quell’epoca il suo legame con gli Stati Uniti (aveva studiato alla scuola militare di Fort Benning, Georgia) era già ben consolidato. Dopo aver concesso alla Cia di stabilire una base d'ascolto a Panama, Noriega aiutò le forze filo statunitensi in Salvador e in Nicaragua, veicolando soldi e armi della Cia. Anni di servaggio, di interessi condivisi, di traffici di ogni genere, fino al gran rifiuto opposto da Noriega al colonnello Oliver North di fornire assistenza militare ai Contras del Nicaragua. Cominciò allora, per Noriega, l'inizio della fine.
Il 20 dicembre 1989 gli Usa invasero Panama con 27mila soldati. Gli scontri tra soldati Usa ed esercito panamense durarono cinque giorni. Per stanare Noriega, che si era rifugiato nel palazzo della Nunziatura, si ricorse alla musica rock sparata a tutto volume.

Poi ci si misero anche le proteste della piazza. Come Gheddafi, come Milosevic, come Saddam, anche «faccia d'ananas» era convinto di poter ribaltare la sua improvvisa mala sorte. Può sempre consolarsi dicendosi che agli altri è andata peggio.

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