RomaFacebook è potenzialmente «più pericoloso dei gruppi degli anni Settanta» e lintera rete internet può creare «momenti di aggregazione per frange minoritarie che enfatizzano il livello di odio». Già fa discutere sul web lallarme lanciato dal presidente del Senato, Renato Schifani, durante il rituale incontro natalizio con la stampa parlamentare. «Una cosa è certa - ha sottolineato Schifani - qualcosa va fatto perché non si può accettare che si pubblichino istigazioni allodio violento». Regole di disciplina che valgano per tutti, con lunico faro della «libertà di espressione, di manifestazione e di protesta, che è un diritto inviolabile».
A tale proposito, il numero uno di Palazzo Madama ha spiegato che è giusta la strada di un disegno di legge, e non un decreto, contro listigazione alla violenza nelle manifestazioni di piazza, in quanto su tali materie «il Parlamento deve riflettere non con la fretta della conversione del decreto». Limportante, per Schifani, è comunque che tutti seguano il «saggio» appello del presidente Napolitano affinché si «abbassino i toni», altrimenti si rischia di «trovarci nellanticamera dellemergenza». Perché è sicuro che «con la politica della violenza verbale, dellaccusa, del vilipendio» si favorisce l«humus in cui poi si verificano episodi come quello di domenica. Noi siamo di esempio e il Paese è tanto più coeso tanto più la politica riesce a dare una rappresentazione di coesione». La seconda carica dello Stato ha ricordato anche lattentato fallito alla Bocconi di Milano, ribadendo che «ogni tentativo strisciante di strategia della tensione va immediatamente isolato».
Il presidente del Senato è tornato poi a parlare della credibilità della classe politica, che non viene aiutata, a Roma come a Palermo, da «operazioni di trasformismo: se una maggioranza voluta dagli elettori si sfalda bisogna tornare alle urne. Non ci sono alternative, non ci possono essere cambi di maggioranza, significherebbe tradire la volontà degli italiani». Una cosa che, daltronde, non accade da tantissimi anni e Schifani sè augurato che la sua Regione, la Sicilia, non apra la strada «macchiandosi di una grande responsabilità», anzi di una vera e propria «onta».
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