«Fascista» non è un’offesa. Ma solo in politica

I giudici: «È critica ideologica». La Mussolini: «Una sentenza classista»

Non è stata una svista della Cassazione quella che ha legittimato il «vaffa… » nel linguaggio politico. La quinta sezione della Corte sembra abbia intrapreso una crociata contro il bon ton tra esponenti delle istituzioni ed è tornata a colpire. In una sentenza depositata ieri, i giudici hanno infatti dichiarato che non è diffamatorio accusare un avversario politico definendolo «fascista», perché fa parte della «critica politica, molto aspra, ma legittima». Se però la stessa accusa viene scagliata verso un comune cittadino, le cose cambiano totalmente. L’appellativo diventa «offensivo» perché è sinonimo di «arrogante e provocatore» e dunque punibile in sede penale.
Una parola, due significati, dunque, e soprattutto valutazioni contrarie in eventuali querelle giudiziarie future. La differenza lessicale, ovviamente, non crea solo confusione ma anche sconcerto. Soprattutto tra i nostalgici del Duce. Alessandra Mussolini, leader di Alternativa sociale, ha definito la sentenza «idiota e classista». Ma i giudici spiegano che in uno scontro bipartisan si possono utilizzare anche espressioni molto forti e suggestive «per richiamare l’attenzione di chi ascolta». Una dialettica disinvolta, dunque, è ben accetta ma - ecco i paletti della Corte - solo se la questione trattata è «d’interesse pubblico» e non «trascenda in gratuiti attacchi personali».
E il caso risolto dalla Cassazione rientrava perfettamente in un aspro scontro politico. Un consigliere comunale di Crotone dell’opposizione aveva infatti qualificato il sindaco «traditore, ingrato, arrogante, antidemocratico e fascista nel senso più deteriore della parola» durante un dibattito. Una veemenza verbale che gli era costata in primo e secondo grado la condanna penale per diffamazione. La Cassazione ha invece annullato la sentenza senza rinvio «perché il fatto non costituisce reato» dando così licenza di chiamare «fascista» chiunque sia impegnato in politica. Scrive il relatore Gennaro Marasca: «Con il termine “fascista” non si fa altro che richiamare un’ideologia e una prassi politica che è stata in passato propria di molti italiani e che trova ancora oggi espliciti sostenitori».

Dunque, sul piano politico, l’uso di questo termine è legittimo perché ha lo scopo «di stigmatizzare, da parte degli avversari politici, un comportamento ritenuto arrogante e antidemocratico, improntato cioè a scarso rispetto nei confronti degli oppositori politici, oltre che reazionario nelle scelte di politica sociale». È quindi un termine che consente di «esprimere sinteticamente ed efficacemente una valutazione sull’operato di un pubblico amministratore».

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