Fassino: contrordine compagni con gli ultra di Hamas non si tratta

Il segretario diessino in contrasto con D’Alema, favorevole al riconoscimento del partito estremista

da Roma

Nessun dialogo con Hamas: «Inutile in questo momento fare aperture, non ci sono le condizioni per il suo coinvolgimento».
Da Ramallah, dopo i lunghi incontri con il presidente palestinese Mahmud Abbas (Abu Mazen) e con il premier Salam Fayyad, il segretario ds Piero Fassino corregge la rotta del ministro degli Esteri Massimo D’Alema, che fino a pochi giorni fa sembrava aver sposato. Evidentemente, la missione con l’Internazionale socialista in Israele e Territori palestinesi, e soprattutto i ragionamenti che gli hanno fatto i leader «moderati» di Al Fatah hanno contribuito al mutamento di linea verso il movimento terrorista che comanda a Gaza. Che oggi è visto come il peggior nemico della causa palestinese dal governo Fayyad, alla ricerca di un nuovo dialogo con il governo di Gerusalemme in vista della Conferenza di pace per il Medio Oriente proposta da Bush.
E infatti Fassino riconosce che dai suoi colloqui è «emersa una grande preoccupazione per l’attività delle formazioni integraliste, come Hamas e Hezbollah», e spiega: «Me lo hanno ripetuto sia i miei amici israeliani che Abu Mazen e i suoi consiglieri: con Hamas come partner oggi sarebbe praticamente impossibile rilanciare i negoziati di pace». Perché «sono loro che hanno provocato le violenze di Gaza, che hanno violato gli accordi della Mecca. Hanno realizzato un colpo di Stato, sottraendo Gaza all’autorità di Abu Mazen». Dunque è «evidente» che deve essere Hamas a «tornare indietro dai passi compiuti» e «cercare una ripresa dei rapporti» con Al Fatah «riconoscendo» Abu Mazen, «restituendo la sovranità di Gaza al governo Fayyad» e, infine, «riconoscendo tutti gli accordi che i palestinesi hanno sottoscritto: il che significa anche riconoscere Israele e il suo diritto all’esistenza e alla sicurezza».
La dura requisitoria anti-Hamas di Fassino provoca malumori nella sinistra italiana: «Hamas ha vinto le elezioni ed è irresponsabile volerla escludere, come Hezbollah, dalle trattative», tuonano dal Pdci. Mentre il centrodestra si chiede quale sia la linea dei Ds e del governo, visto che il ministro degli Esteri e lo stesso segretario della Quercia, meno di un mese fa, insistevano sulla necessità di «dialogare» con Hamas. Secondo D’Alema, infatti, «Hamas è un movimento popolare, una forza reale che rappresenta tanta parte dei palestinesi: per l'Occidente non riconoscere un governo eletto democraticamente, magari mentre andiamo a braccetto con qualche dittatore, non è una straordinaria lezione di democrazia».
E Fassino, con una lettera aperta al Corriere della Sera, aveva sostenuto che «avere una strategia con cui gestire i rapporti con Hamas non è questione eludibile», perché «è evidente a tutti che una pace che coinvolgesse solo Al Fatah, la cui crisi d'altronde non può essere ignorata, rischierebbe di essere una pace non definitiva e non dare a Israele quella sicurezza che lo Stato ebraico giustamente chiede». E paventava «i rischi enormi per Israele se Gaza si trasformasse in una enclave integralista ancora più fanatica, aperta a quel punto anche alle infiltrazioni di Al Qaida».


D'altronde, aggiungeva, «una pace che non comprendesse Gaza sarebbe monca e inaccettabile per lo stesso Abu Mazen». Conclusione: trattare con Hamas è necessario, e «non è un tradimento». Oggi, da Ramallah, Fassino torna sui suoi passi. Resta da vedere che ne pensa D’Alema.

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