(...) In paese, oggi, abitano meno di seicento persone. Ma se i discendenti dei favalesi decidessero di tornare - tutti insieme - nella terra dei loro antenati, gli abitanti di questa comunità, di colpo, diventerebbero trentamila.
Per migliaia di persone nel mondo, Favale è la terra dei «padri» emigrati all'estero in cerca di fortuna.
Riportare alla luce i legami di parentela tra tutti i «figli» di queste montagne, e ricostruire una mappa delle famiglie partite da Favale, è diventato l'ambizioso obiettivo (e il passatempo) di due cugine americane nate nel Wisconsin, ma anch'esse discendenti di emigrati da Favale: Ginger Staral, 53 anni, di Kaysville, nello Utah, e Jeanne Boschi, 56 anni, di Harrisburg, in Missouri.
Insieme, Ginger e Jeanne, hanno creato un sito internet (www.favaleconnection.com) che, a costo zero, permette a chiunque abbia un antenato originario di Favale di conoscere le proprie origini, e di rintracciare parenti che neanche sanno di essere tali. «Siamo convinte che tutte le persone originarie di Favale siano imparentate - raccontano le creatrici del sito - Secondo una leggenda, il paese fu fondato da tre sole famiglie. Non sappiamo se sia vera, ma ci piace pensare che sia così».
Oggi, i discendenti degli emigrati da Favale conoscono poco dell'Italia. Nella maggior parte dei casi, nemmeno la lingua, perché da sempre hanno vissuto là dove sono nati: Stati Uniti, Argentina, Cile, Perù, persino Australia. Ma i loro cognomi - Cereghino, Boitano, Cordano, Pezzolo, De Benedetti, per citare i più diffusi - tradiscono inevitabilmente le loro origini: chi ancora oggi si chiama così discende da emigrati liguri, e di Favale in particolare.
Del resto, che quella intorno a Chiavari fosse una delle zone italiane dove più massiccia è stata l'emigrazione, era noto. Non era figlio di emigrati favalesi anche Amedeo Peter Giannini, fondatore - agli inizi del '900 - della Bank of America?
Semmai, la novità è che ora tra i tanti discendenti di questi liguri sparsi per il mondo, comincia a diffondersi il desiderio di conoscere la storia dei loro antenati. E così, i vecchi archivi cartacei dei Comuni e delle parrocchie iniziano a fare gola a chi, in questo caso dietro pagamento, promette di ricostruire l'altrui discendenza.
Un esempio? La società americana che gestisce un sito specializzato nella ricostruzione degli alberi genealogici, sta per acquistare molti dei documenti conservati proprio a Chiavari. Per digitalizzarli e metterli presto on line.
Lo stesso intento, senza però la prospettiva di un ritorno economico, guida anche il progetto «Favale connection», che inizia dieci anni fa, quando Ginger e Jeanne chiedono a Joe Cole, uno studioso di genealogia, di ricostruire la loro linea di discendenza: «Sono andato a Favale nel 2004 - racconta Cole - prima in Comune e poi in parrocchia, alla ricerca di documenti: certificati di nascita e morte, atti matrimoniali. Sono rimasto più di una settimana, a spulciare carte vecchie di secoli. L'emigrazione, da quelle parti, è stata molto forte: ecco perché i favalesi nel mondo sono almeno trentamila».
Il progetto di Ginger e Jeanne nasce dunque da una ricerca d'archivio «vecchio stile». Ma è grazie a internet che le due cugine, in pochi anni, hanno rintracciato quasi mille parenti che nemmeno conoscevano. Ed è sempre su internet che vengono pubblicate le foto ingiallite dei vecchi abitanti di Favale, che nessuno conosce più. La speranza è che qualcuno - da qualche parte nel mondo - possa associare un nome a quei volti del passato.
Ginger è stata a Favale nel '91. Jeanne, che non l'ha mai visitata, in futuro vorrebbe partecipare alla «Giornata dell'emigrante», la cerimonia che, dal 1955, Favale dedica ai suoi «figli» sparsi per il mondo. Come racconta orgogliosa Ginger, «alcuni vogliono essere presenti solo per poter camminare sullo stesso terreno calpestato dai loro antenati».
A proposito delle origini italiane di tanti suoi connazionali, lo scrittore argentino Borges affermava: «Io non mi sento argentino, perché nelle mie vene non scorre sangue italiano». I discendenti di chi emigrò dall'Italia in Argentina, e in altri paesi lontani, invece, oggi si sentono un po' italiani. Proprio perché nelle loro vene scorre ancora il sangue degli abitanti di Favale di Malvaro.
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