Le favole gay cancellano il lieto fine al gruppo Pdl e al centrosinistra unito

(...) Il «molto futuro» Pdl si divide infatti soprattutto sulla scelta di autodenunciarsi alla magistratura al fianco di Nicola Abbundo, querelato dalle associazioni gay per le sue dichiarazioni e per l’esposto contro le fiabe gay alla De Amicis e la pubblicizzazione dei siti a contenuto porno. Luigi Morgillo rilancia la propria posizione al fianco di Abbundo anche sul banco degli imputati. Gino Garibaldi raccoglie la provocazione e sottoscrive. Gabriele Saldo si rende «disponibile ad autodenunciarsi se questo serve». Matteo Rosso e Gianni Plinio, ribadiscono la totale solidarietà politica al collega, ma non si autodenunciano. Le accuse in procura le fanno piuttosto alle associazioni gay, mentre Alessio Saso precisa di «attendere prima di capire in cosa consista giuridicamente l’atto di autodenuncia».
Il consiglio viene sospeso alle 13 passate, per riprendere poi, con lo stesso argomento, nel pomeriggio. Ma, come già durante la mattinata, in aula non si fanno vedere i consiglieri dell’Udc Rosario Monteleone e Luigi Patrone che pure sostengono la maggioranza. Dal gruppo Misto mancano anche Roberta Gasco (che pure è ormai fuori dal centrosinistra e risulta in congedo) e Fabio Broglia, fondatore del Pd. Il capogruppo Michele Boffa non è tra i banchi e si presenta solo quando il presidente Mino Ronzitti annuncia che non c’è tempo per la votazione. Alla ripresa pomeridiana dei lavori, quando peraltro il centrosinistra ha ritrovato qualche voto utile a evitare brutte sorprese, invece è assente. Alla prova dei fatti, quando c’è da votare le mozioni, il centrodestra ritrova comunque l’unità d’intenti con posizioni compatte che tuttavia non bastano a far passare le richieste formulate, come quella di ritirare tutti i patrocini concessi alle manifestazioni del Gay Pride e di regalare alla biblioteca De Amicis libri di favole tradizionali in luogo di quelle a sfondo omosessuale.
Durante la pausa pranzo però nel centrodestra va in scena un chiarimento. O almeno un tentativo di chiarimento. C’è una riunione che dovrebbe anche sancire la nascita del gruppo unico, la rinuncia ai tanti gruppi consiliari divisi. Sarà stata solo una coincidenza, ma dopo la diversità di strategie mostrata pochi minuti prima in aula, l’obiettivo si dimostra subito impossibile. Nonostante l’annuncio dato la scorsa settimana con la benedizione del ministro Claudio Scajola il gruppo unico non nasce.
Al presidente Mino Ronzitti verrà chiesto che almeno si trovi una sistemazione logistica unitaria. Cioè che vengano concessi al Pdl tutti uffici contigui, non distribuiti come adesso addirittura su più piani. Una richiesta di difficile soddisfazione, specie a meno di un anno dal voto. Uffici lontani? Niente gruppo unico, almeno formalmente.

Almeno fino alla prossima lavata di «capo». La volontà di lavorare però compatti verrà salvaguardata con la nomina di un portavoce. Che non è il capogruppo del Pdl. Non sarà il primo capogruppo del Pdl nominato in un consiglio regionale italiano.

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