I dissidi su Expo, le accuse sulla giunta, le polemiche su Tabacci. Ogni giorno ha la sua pena per il nuovo sindaco di Milano. Un commento sul suo operato? Sarebbe prematuro, sarebbe un pre-giudizio. Ma una cosa, quella sì, già si può dire. Cento ore esatte sono passate dallinsediamento della nuova giunta, salutata da sostenitori entusiasti (qualcuno un po molesto) e commenti plaudenti, e il sogno è finito, la realtà si è presa il suo posto al centro della scena.
E chissà se quel cappuccino, a tre giorni dalla nascita della nuova giunta, sarà ancora così dolce. Di che parliamo? È stato lui stesso, Pisapia, a confessarlo nel suo diario elettorale, il giorno delle nomine: «Continuo a incontrare persone che mi dicono cose commoventi del tipo il cappuccino a Milano è più buono». Più buono dopo la sua vittoria, ovviamente. Sì perché il ballottaggio del 30 maggio non è stato un voto normale. No, chi ha sostenuto e festeggiato la corsa dellavvocato ha creduto - o ha fatto credere - che la scelta non fosse fra due partiti, due programmi, due candidati. No, lalternativa proposta era fra due mondi. Anzi fra il mondo reale e uno immaginario. Fra gli ingorghi e le pedalate felici, fra il cemento e il verde, laria pulita e lo smog, la cultura e la barbarie, la partecipazione democratica e la «brutta politica». Insomma, la vera scelta, per loro, era fra un sogno e una realtà. E quel trionfo aveva già trasformato la città, agli occhi dei suoi. Il cielo era già un po più blu, i bambini più contenti, i cappuccini più buoni. Pisapia lo rivendicava, lo accreditava lui stesso, il giorno in cui ha scelto i suoi assessori: «Se cè una cosa di cui non smetto di stupirmi - ha scritto - è come sia stato possibile, tutti insieme, sdoganare alcune parole; portare nel lessico politico, ad esempio, la parola felicità. No, non è da visionari immaginare che la buona politica debba avere tra i suoi obiettivi anche la felicità». Un sogno colorato di arancione. Basta pensare allincredibile coincidenza meteorologica che ha fatto spuntare larcobaleno sulla piazza gremita dai suoi sostenitori nel giorno dellultimo concerto. Un effetto speciale eccezionale e gratuito. Un presagio di felicità, di un radioso avvenire. Una città da «Mulino Bianco» in versione laico-progressista.
Ecco, la vittoria lhanno vista, o fatta passare, per la «ricerca della felicità». E ora? Lincantesimo si è già rotto. Sul «favoloso mondo di Giuliano» è calato il sipario. Nel giorno della giunta il sogno è finito. I partiti delusi dalle nomine, Rifondazione Comunista e Italia dei Valori lo hanno attaccato, lasciando intravedere una vita difficile in Consiglio comunale. Poi il pasticcio con Tabacci, e la prima promessa non mantenuta («non avevamo detto no ai doppi incarichi?»). Gli alleati che vogliono sloggiare lassessore dal suo seggio romano, Sel che lo difende, Filippo Penati che si dimette. E poi il Pd fa la voce grossa su Expo. Insomma, cose normali, che hanno a che fare con la politica, col mondo reale: i partiti, i rapporti di forza, le correnti. Appunto, è la realtà.
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