Fazio: Italia ammalata di scarsa competitività

E sulle acquisizioni bancarie: «Palazzo Koch sempre neutrale e trasparente»

Gian Battista Bozzo

da Roma

Con voce più roca del solito, Antonio Fazio annuncia al gotha dell’imprenditoria, della banca e della finanza riunito nella «sala delle considerazioni» di Palazzo Koch che il 2005 sarà un anno a crescita zero, nonostante una lieve ripresa nella seconda metà dell’anno; prevede che, a causa di questo andamento negativo, il deficit dei conti pubblici viaggia sul 4% del Pil; sottolinea soprattutto che «l’economia italiana presenta aspetti di criticità che potrebbero comprometterne, se non superati, lo sviluppo nel medio termine».
La relazione del governatore non può non affrontare anche la «questione bancaria», le offerte di acquisto provenienti dall’estero, il ruolo assunto dalla Banca d’Italia. Lo fa senza entrare nel dettaglio, fornendo risposte indirette, ribadendo il rispetto delle leggi e delle procedure nazionali ed europee, proclamando la «neutralità» rispetto alla nazionalità degli istituti in campo. «Se l’acquirente è una banca italiana - ricorda Fazio - vengono esaminate l’adeguatezza e la realizzabilità dei progetti di finanziamento dell’acquisizione ai fini del rispetto della normativa prudenziale»: una frase che sembra messa lì proprio per replicare ai critici della controfferta della Popolare di Lodi per l’Antonveneta.
Il governatore rileva poi che l’indipendenza e la trasparenza di Bankitalia «trovano costante riconoscimento da parte delle istituzioni internazionali», e così risponde ai rilievi critici dei commissari europei Mc Creevy e Kroes. Un capitolo molto lungo, quello dedicato alle banche, nelle 34 pagine di considerazioni finali; che tuttavia poco concede all’attualità, a parte l’apertura alla maggiore presenza delle assicurazioni nel capitale delle banche. Fazio ricorda che questo avviene molto in Europa, ma poco in Italia (un po’ di più da lunedì, quando Bankitalia ha autorizzato l’Unipol a salire fino al 10% nel capitale della Bnl).
Altrettanto lungo, ma incredibilmente denso di cifre ed analisi, il capitolo dedicato da Fazio alla situazione dell’economia nazionale. È in atto una crisi che viene dagli anni Novanta. Scarso appeal della nostra produzione all’estero, nanismo dimensionale, scarsezza di investimenti in ricerca e sviluppo, ne rappresentano le cause principali.
«La competitività nei confronti dell’estero si conferma come il punto di maggiore debolezza», afferma il governatore. A fronte di un commercio internazionale cresciuto del 20% dal 2000 al 2004, le nostre vendite all’estero nel 2004 sono risultate inferiori a quelle del 2000; la quota sul mercato mondiale che era al 4,6% nel 2000, è scesa al 2,9% nel 2004. L’incremento di produttività nel settore manifatturiero «è stato pressoché nullo»; fra il 2000 e il 2004, la produzione industriale è aumentata in Francia dell’1,2%, in Germania del 2,6%, in Italia è diminuita del 3,8%. Il costo del lavoro per unità di prodotto nel manifatturiero è aumentato in Italia del 12,6%; nello stesso arco di tempo è salito del 2,6% in Francia ed è calato del 2,8% in Germania. La crisi dell’attività industriale, aggiunge Fazio, deriva essenzialmente dai settori delle apparecchiature meccaniche (-26% di produzione fra il 2000 e il 2004) e dei mezzi di trasporto (-17%). Tessile e cuoio, che più direttamente risentono della concorrenza della Cina e delle economie emergenti dell’Asia, hanno contribuito anch’esse al calo dell’indice.
L’industria italiana non è presente nei settori ad alta tecnologia. La spesa per ricerca e sviluppo, da parte dei privati, è pari allo 0,5% del Pil, contro l’1,7% in Germania e l’1,4% in Francia. Gli occupati nell’alta tecnologia non superano il 7% del totale. La perdita di competitività del settore industriale «ha carattere strutturale». Pesa sulla nostra economia, osserva Fazio, la frammentazione dell’attività produttiva: il 99% delle imprese ha meno di 50 addetti, e la ridotta dimensione ostacola l’investimento in ricerca. Moderazione salariale e flessibilità hanno consentito un aumento dell’occupazione, però si è allargato il divario fra i salari di ingresso e quelli medi. La legge Biagi ha ridotto la precarietà; ma, soprattutto al Sud, è elevato il lavoro irregolare.
«La crescita italiana rimane fra le più basse fra le economie avanzate - conclude il governatore - ed ha inciso sull’andamento dei conti pubblici». Nell’ultimo quadriennio la spesa corrente è aumentata del 2,4% l’anno. La situazione è difficile, «gli squilibri strutturali e di lunga data si riflettono negativamente sul potenziale di crescita». Bisogna intervenire sulla spesa pubblica, sul debito, sulla lotta all’evasione; ma anche col riordino dell’imposizione fiscale sulle imprese e sul lavoro (bene il taglio dell’Irap, dice Fazio), e rilanciando le grandi opere infrastrutturali.

Il cattivo andamento dell’economia influisce negativamente sui cittadini, e dunque «è necessario ritrovare la fiducia. La politica, le istituzioni, gli imprenditori aperti al futuro, le parti sociali - conclude Fazio - debbono reagire, e convergere su obiettivi realistici di interesse generale».

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