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Febbre suina, l’Oms: "Non è la fine del mondo"

Dopo gli allarmismi, l’autorità sanitaria mondiale rassicura: "L’epidemia non avrà gli stessi effetti della Spagnola". Il balletto delle dichiarazioni sembra fatto apposta per creare il caos. Appena tre giorni fa urlavano: "Pandemia imminente"

Febbre suina, l’Oms: "Non è la fine del mondo"

L’Oms ieri ha rassicurato il pianeta: l’epidemia della nuova influenza A/H1N1 non avrà gli stessi effetti della Spagnola. Quella che tra il 1918 e il 1919 uccise quasi 50 milioni di persone. Insomma «anche se e si arrivasse al livello 6, cioè la pandemia - ha detto il direttore Margaret Chan - non bisogna pensare che questo significhi la fine del mondo». Ma come? E i mille allarmi lanciati in dieci giorni di emergenza internazionale? E lo stato di allerta sanitario, gli antivirali di cui fare scorte? No, quella è acqua passata. Sono dichiarazioni scritte sulla sabbia. Contrordine. Se pandemia ci sarà, dovremo rassegnarci al vaccino o a farci un’influenza con un ceppo nuovo che sembra meno virulento addirittura dell’australiana dell’inverno scorso.

Il direttore dell’Oms, Margaret Chan, però, non è nata per fare l’ottimista. Ieri ha soltanto escluso il peggio. Lo stato di allerta è sempre doveroso, soprattutto far preparare milioni di vaccini e scorte di antivirali che non costano nulla all’Organizzazione mondiale della sanità. Ai governi invece sì. Ma visto l’andamento della nuova influenza, sembra proprio che le dichiarazioni dell’Oms vadano prese con le pinze. Come le quotazioni delle agenzie di rating della finanza: prevedono solo ciò che è già successo. A scorrere le affermazioni allarmistiche dell’Oms viene da chiedersi quanto è scienza e quanto emotività. A cominciare dal primo, il più disastroso e categorico, lanciato quando si sapeva poco o nulla del contagio suino-uomo avvenuto in Messico.

È il 24 aprile quando l’Oms annuncia, sulla base di infetti e morti segnalati ufficiosamente dal Messico, che ormai «è tardi per evitare la pandemia». Un pugno nello stomaco per i responsabili sanitari delle nazioni. Ma il giorno dopo la Chan corregge il tiro: «Questa epidemia ha il potenziale per trasformarsi in pandemia». Comincia la conta delle vittime: il Messico ne dichiara 68 e ben 900 infetti. E l’Oms avverte che la febbre suina è «un’emergenza sanitaria pubblica di rilevanza internazionale». Passano ore frenetiche e dal Messico provengono notizie allarmanti: 149 vittime, 20 infetti negli Stati Uniti e uno in Spagna. Ed ecco che l’Oms alza a 5 la fase di allerta a livello mondiale. Margaret Chan, annuncia che la pandemia «è imminente» ed è «sempre più urgente mettere in atto contromisure come l’aumento della produzione di antivirali in tutto il mondo». Produzione che, per inciso, ieri è stata sospesa «per una pausa di riflessione».

In questa altalena di dichiarazioni, la gente non capisce più nulla, si spaventa. L’Oms ridimensiona ma non tanto. Le vittime da 79 diventano sette ma l’allerta rimane alta perché «anche un’epidemia dalle origini fiacche può generare, come avvenne nel 1918, una grave pandemia». E dopo l’affondo ecco il tentativo di recupero. Ieri la Chan getta acqua sul fuoco: a sorpresa, conferma che «l’influenza A/H1N1 e la pandemia, se arriverà, non avrà gli stessi effetti della Spagnola».

Dopo circa 10 giorni di psicodramma planetario, ecco dunque che l’allerta 5 sembra addirittura spropositata. Ma chi può dirlo? Tutto è possibile. Come ammette il direttore dell’ufficio Allarme e risposta dell’Oms, Michael Ryan: «La fase 6, che non è ancora cominciata, descrive lo stato di pandemia direi imminente, perché il virus si diffonde. A questo punto dobbiamo aspettarci che sia raggiunta, ma sperare che ciò non avvenga». A rafforzare la confusione globale ci pensa Keiji Fukuda, vicedirettore generale dell’Oms: «L’evoluzione del virus è evitabile ma i Paesi dovrebbero comunque prepararsi al peggio».

I dirigenti dell’Oms, dunque, giocano a dare i numeri. Già, perché non si capisce la differenza tra la fase 1 e la fase 6. E poi, cosa significano tutte queste fasi? Sono i diversi stadi di diffusione della malattia. La prima e la seconda sono innocue, perché interessano solo gli animali. La terza fase indica che il virus è passato agli umani, la quarta che il virus si trasmette tra gli umani ma sporadicamente, la quinta rivela una trasmissione interumana ancora localizzata, la sesta e ultima fase significa una situazione pandemica. E questa fase necessita di interventi drastici, di vaccini e di misure di contenimento. Tutto vero.

Ma allora perché l’Oms, nelle sue avvertenze, richiede lo stato di allerta anche nella fase 1, quando sono solo registrate infezioni negli animali non trasmissibili all’uomo? L’eccesso di allarmismo rischia di delegittimare l’immagine del «custode della salute mondiale» e la sua funzione.

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