Per il quinto anno consecutivo Roger Federer si è qualificato per la finale degli Us Open battendo Novak Djokovic 6-3, 5-7, 7-5, 6-2. A New York Federer sembra aver ritrovato il tocco sublime e la magia del suo tennis, elementi che ieri gli hanno consentito di mantenere a giusta distanza gli irriverenti attacchi del giovane rivale serbo. Se è vero che il tennis moderno è costruito su grande preparazione fisica e si basa su schemi tattici studiati a tavolino, grazie a Dio rimane ancora viva una parte psicologica complicata da decifrare. È il lato oscuro di un gioco che non va d'accordo con l'aritmetica perché non è detto che vinca chi segna più punti dell'avversario. Per questo capita che un grande campione venga colpito da un male oscuro che gli impedisce di rimanere invulnerabile per sempre.
Ieri abbiamo ammirato il tennis di Federer tornato in tutto il suo splendore e molti ora si spingono a credere in un suo ritorno. Per sua fortuna la coda della tempesta tropicale «Hanna», che ha sfiorato Flushing Meadows, ha scatenato la pioggia appena finito il suo match. Nell'altra semifinale, che aveva preso il via in anticipo sul campo n.1 (per colpa del maltempo), lo scozzese Andy Murray si era portato in vantaggio 6-2, 7-6, contro Rafael Nadal. L'incontro è stato sospeso nella terza partita dopo che lo spagnolo era riuscito a scappare 3-2 con un break.
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