Feltri mette in crisi il fronte anti bavaglio: persino Travaglio ha dubbi sullo sciopero

Poche righe del direttore Vittorio Feltri, caustiche, sulla prima pagina del Giornale dello scorso 2 luglio. Una breve letterina, per scrivere quello che molti giornalisti pensano ma pochi dicono, e cioè che la cura contro la cosiddetta legge-bavaglio ideata dalla Fnsi - lo sciopero proclamato per il prossimo 8 luglio - è peggiore del male che si vuole combattere, la nuova norma sulle intercettazioni. Ed ecco che, in pochi giorni, è già miracolo. Sì, perché il fronte della protesta anti berlusconiana si incrina. E include autorevoli firme come quella di Giampaolo Pansa, ma anche chi non ti aspetteresti mai. Come Marco Travaglio, l’incarnazione dell’anti berlusconismo, il giornalista anti Cav per antonomasia.
Sembra incredibile, eppure è accaduto. Sul Fatto di ieri, con un commento dal titolo «Auto-bavaglio anti-bavaglio», ecco il Travaglio che stenti a riconoscere. Sì, il direttore del Giornale viene chiamato come sempre «Littorio» anziché Vittorio; Il Giornale, con Libero, Il Tempo e Il Foglio, viene simpaticamente bollato come «giornale crumiro berlusconiano di destra», dimenticando che in caso di sciopero, oltre al Riformista che Travaglio cita come esempio di crumiro di sinistra, escono anche i quotidiani editi da cooperative, come Il Manifesto. Ma quel che conta è la sostanza. E la sostanza è che Travaglio, oltre a scrivere che «può persino capitare di trovare qualcosa di sensato sul Giornale», sostiene né più né meno quello che dice Feltri: e cioè che autoimbavagliarsi contro la legge bavaglio significa farsi del male. Guardate qua. Il direttore del Giornale il 2 luglio ha scritto: «Non sapevo che il diritto di dare le notizie si difendesse non dandole. Gli altri lavoratori scioperano per andare sui giornali, noi non facciamo uscire i giornali per scioperare». E Travaglio, sul Fatto, ha chiosato, riconoscendo che la legge Mastella voluta dalla sinistra era anche peggio della norma sulle intercettazioni ora in discussione: «Sicuri che la forma più efficace di protesta contro il bavaglio sia autoimbavagliarci per un giorno? Chi protesta contro il bavaglio lasciando campo libero ai trombettieri dell’imbavagliatore (carineria per indicare i giornali di centrodestra, ndr) ricorda quel tale che, per far dispetto alla moglie, si tagliò... be’, ci siamo capiti».
Non sarà il massimo della raffinatezza, ma rende bene il concetto. Contro la Fnsi e il continuo ricorso alla piazza il «Bestiario» di Giampaolo Pansa pubblicato ieri dal Riformista. «Cara Fnsi studia la storia», è il titolo. E la lezione è riservata a Franco Siddi, segretario della Fnsi, che lo scorso 1° luglio a piazza Navona, ha paragonato il «no» alla legge sulle intercettazioni alla Resistenza, e i giornalisti paladini del «no» ai partigiani. «Se al vertice del sindacato dei giornalisti - bacchetta Pansa - aprissero qualche libro, si renderebbero conto di due problemi. Il primo è che parlare di partigiani non fa capire nulla. Tanti o pochi che fossero, erano molto diversi fra loro. I partigiani comunisti volevano una cosa che forse a Siddi non piacerebbe: una dittatura del proletariato, dove tutto è lecito per conservare il potere».

Non solo. «Mi sembra un azzardo rischioso - aggiunge Pansa - incitare alla resistenza sia pure con la foglia di fico dell’aggettivo “civile”. Di Tartaglia pronti a darsi da fare ce ne sono molti in giro. È meglio non eccitarli».

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