Fergie la Rossa sempre in bilico tra miserie e nobiltà

Poiché le ragioni della «cricca» non conoscono confini, diamo oggi il benvenuto al club a «Fergie la rossa». Era un po' che si erano perse le sue tracce, ma ve la ricordate, no? Un incarnato da triglia, ma vorace, di carattere, come un barracuda; la faccia larga e lo sguardo goloso da lavandaia d'altri tempi, di quelle che nei vecchi film in costume si esibiscono in un risata a gola spiegata e una mossa da sciantosa sull'uscio di una taverna, facendo bollire il sangue al signore pallido ed esangue che luma la popolana dalla carrozza. Una ragazzaccia che si è sempre trovata più a suo agio al pub che a Corte, e invecchiando, invece di smussare il suo lato «pop», che ha sempre suscitato il micidiale disprezzo della suocera, la regina Elisabetta, ha perfezionato le sue clamorose gaffe fino a renderle sublimi.

Che un principe allevato in una famiglia di grandissimi bacchettoni come i Windsor potesse invaghirsi fino a sposarla di una tipa così, capricciosa e prorompente, avida di vita e di denari, disinvolta fino alla sfacciataggine, era una possibilità che fino al giugno del 1937, anno in cui Edoardo VIII sposò la signora Wallis Simpson, americana e divorziata, non sarebbe stato neppure immaginabile. Dopo di allora, come si sa, per i Windsor fu il diluvio. Soprattutto di pettegolezzi.

Nessuno tuttavia immaginava che Sarah Ferguson, moglie divorziata di Andrew, terzogenito della regina Elisabetta, navigasse in acque così cattive. Si intuì che navigava quantomeno a vista sul finire dello scorso anno, quando fallì la sua Hartmoor Llc, una holding creata nel 2006 con uffici nel cuore di Manhattan, a Madison Avenue. Sentendosi un fenomeno vivente, Fergie la rossa aveva pensato che ci volesse non meno di una holding per gestire il suo personaggio e i contratti di una carriera schizofrenica che spaziava tra il suo ruolo di dama di carità, assorta e composta accanto alle bambine, le principessine Beatrice ed Eugenia, e quello da star da Isola dei famosi; da conferenziera a scrittrice, da biografa ad autrice di documentari popolari tv.

Da quel «buco», valutato fra i 700 mila e il milione e mezzo di euro, Fergie non si è più ripresa. Euforica fino alla demenza ha continuato ad accumulare debiti su debiti: una sorta di frenesia compulsiva che l'ha accompagnata fin dalla giovinezza. E che in qualche modo si è potuta permettere finché il suo nome, e le stravaganze di cui era protagonista, avevano trovato posto nel cuore e nei tabloid degli inglesi, di quel «common people» da cui lei proviene, figlia del maggiore Ronald Ferguson e di Susan Mary Wright. Contratti pubblicitari, libri e raccolte di favole, inaugurazioni di centri commerciali, autobiografie, suggerimenti per perdere peso (lei che era stata un po' bonza). Con My story, la sua autobiografia, aveva guadagnato oltre 2 milioni di euro. E altri milioni le erano venuti dalla Weight Watchers, la multinazionale americana della lotta ai ciccioni di cui era stata per dodici anni testimonial (a 2 milioni e 160mila euro l'anno, finché qualche anno fa, in America, si son domandati: ma non è che ci ha preso per americani?)

Il declino economico di Fergie - vi ricordate quando un paparazzo la immortalò in topless a bordo di uno yacht mentre si faceva succhiare l'alluce da un ganzo americano? -; il declino di Fergie, dicevamo, è cominciato nel 2003, con il devastante flop di un libro (vagamente profetico) dedicato a quanti contraggono debiti. A quota sessanta - non sessantamila, proprio sessanta - copie era arrivata con il quarto volume di una serie dedicata ai bambini, mentre anche le sue collezioni di bijoux e di candele con tanto di «S» e di corona ducale non le vuole più neppure l'ultima commessa del Devon. Sparita infine dai talk show televisivi per eccesso di presenzialismo, la vecchia ragazzaccia si è trovata ultimamente a mal partito anche con le sue fondazioni a favore dei bisognosi. Un tempo, alla voce «poveretti da aiutare», incassava intorno ai 350mila euro l'anno; poi il braccino degli inglesi, che segue la stella cadente dell'economia, si è fatto sempre più corto.

Inutile, naturalmente, battere cassa a Corte. La regina Elisabetta, una delle ultime volte che accettò di vedersela comparire davanti, le domandò a sopracciglio molto inarcato se non le sembrava ora di smetterla di buttare i soldi dalla finestra.

Dicono che da qualche tempo Fergie la rossa frequenti il miliardario norvegese Geir Frantzen, proprietario del ramo inglese della Findus. Ma dev'essere un rapporto ormai congelato, se la duchessa di York si è abbassata al livello di un qualsiasi Balducci.

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