Roma

Ferma la metro A, ma i macchinisti c’erano

Alessia Marani

Il black-out dei trasporti pubblici a Roma poteva essere evitato. Metro A e metro B potevano funzionare ugualmente. E non è un caso che i macchinisti della «B» siano risaliti alla guida dei convogli della Laurentina-Rebibbia fin dalle 14, in anticipo di due ore e mezzo sul termine fissato alle 16,30 per la chiusura dello sciopero. Ma il «diktat» della Triplice, Cgil, Cisl e Uil, quello sì che ha funzionato sul serio. Il risultato è stato la paralisi della città, nonostante le cifre parlino chiaro: appena il 29,4% dei lavoratori della «A» secondo i dati forniti da Met.Ro. (poco più del 10% secondo quanto riferito dagli stessi dipendenti) ha incrociato le braccia; il 48,4% nella «B», il 52,6% sulla ferrovia in concessione Roma-Lido, il 66,7% sulla Roma-Viterbo, il 52,9% sulla Roma-Pantano. Puntuali a inizio turno all’alba di ieri e alle undici ben 138 macchinisti su 150 della Anagnina-Battistini, erano pronti a far camminare i treni. «Ma non ci è stato possibile - dicono -. Con un doppio danno per l’azienda, che ci ha pagato la giornata come sempre, e che non ha offerto il servizio. Soprattutto, con un disagio infinito per i cittadini». «Pensare che - spiegano i sindacalisti del Sult - il 27 febbraio scorso noi siamo stati messi alla gogna per avere indetto 4 ore di sciopero rivendicando condizioni di lavoro più sicure per operatori e utenti con ben 132 macchinisti fermi. Invece questa volta nessuno ha avuto obiezioni a sbarrare gli ingressi dei metrò per una manciata di scioperanti». I fatti. Il via allo sciopero alle 8,30. In molte parti della città già piove. Il Grande Raccordo e le consolari vengono da subito prese d’assalto dalle auto in coda. La tangenziale è semi-paralizzata, idem per la via Pontina e sulla Cristoforo Colombo. I pendolari che arrivano ogni giorno a Roma per lavorare o studiare dal litorale e dai comuni limitrofi, del resto, sono centinaia di migliaia. Via Barberini e via del Tritone, in pieno centro, si trasformano velocemente in un imbuto infernale per centinaia di automobilisti, persino gli scooters fanno difficoltà a districarsi nel traffico congestionato. Non va meglio lungo il Muro Torto in direzione di piazzale Flaminio e di via del Foro Italico e lungo Corso Francia, verso il Salario. All’ora di punta, tra le 12 e le 14 Roma sfiora il collasso. A mettere in ginocchio la metropoli in realtà, sono quattro lavoratori Met.Ro., i cosiddetti «Dct», i tecnici addetti alla direzione centrale del traffico, due in turno per la «A», altrettanti per la «B». Un ostacolo non insormontabile, almeno per la linea arancione. «Tra i macchinisti disposti a lavorare - afferma Renzo Coppini, sindacalista Sult - vi erano anche figure abilitate al banco Dct. Eppure la direzione non ha voluto sentire ragioni. Non c’erano addetti di stazione sufficienti, anche se in altre situazioni sarebbero stati pronti ad aprire anche solo coi vigilantes». «Visto che il 71% del personale del trasporto pubblico, anche sui bus, era al suo posto - dice Fabio Desideri, capogruppo della Lista Storace alla Regione - non si capisce perchè le aziende di servizio romane abbiano voluto a tutti i costi chiudere». Lapidario il sindaco Veltroni: «Ogni volta che c’è uno sciopero i cittadini pagano un prezzo molto alto».

Dipende da chi lo indice.

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