Fermare la delocalizzazione nell’Agro pontino

Senatore Cesare Cursi, lei che presiede la commissione Industria, commercio e turismo, ci spiega perché ha promosso un tavolo tecnico per lo sviluppo industriale dell’area pontina, quando nel Lazio ci sono almeno altre tre province più arretrate?
«È vero che ci sono altre aree che avrebbero bisogno di un aiuto, ma non si può sottovalutare il peso dell’industria pontina nell’economia della nostra regione. Del resto dobbiamo cercare di convivere con le difficoltà dell’attuale congiuntura che si fanno sentire ancora di più in un comprensorio, come quello di Latina, che in pochi mesi ha registrato la perdita di circa 700 posti di lavoro. E occorre cercare di contrastare la tendenza alla delocalizzazione di molte imprese della zona».
Quali sono i comparti che risentono di più della stagnazione?
«La crisi, purtroppo, non risparmia nessun settore, a cominciare da quello chimico-farmaceutico - che è un po’ la spina dorsale dell’economia pontina, a quello metalmeccanico e alimentare. La difficoltà dei comparti trainanti si ripercuote sull’indotto del sistema e crea incertezze e conseguenze negative dappertutto. Quello che ci preoccupa è ovviamente il settore chimico-farmaceutico che, con circa 17.500 addetti, posiziona l’area produttiva compresa tra le province di Roma e Latina al secondo posto nazionale, con 45 aziende, 27 siti produttivi e ben 17 centri di ricerca e sviluppo. Ma la nostra attenzione è rivolta anche ad altri settori strategici, il metalmeccanico e il caseario-alimentare, nei quali le difficoltà di alcuni importanti gruppi (Avio e Pettinicchio), stanno creando un certo allarme».
Ma Latina non vive solo di chimica-farmaceutica...
«Certo, ma è proprio per questo che il Tavolo tecnico si pone come obiettivo il coinvolgimento degli enti locali territoriali nell’analisi, settore per settore, delle cause che determinano l’involuzione del sistema produttivo pontino. Entro 4 mesi, poi, ci attende il compito di individuare ricette efficaci per il rilancio della zona».
Che tipo di interventi si renderanno necessari?
«L’Agro pontino sconta pesanti gap strutturali, primo fra tutti la mancanza di adeguate infrastrutture stradali, ferroviarie e portuali che ha reso difficili gli interscambi con la filiera produttiva locale e nazionale. La nostra azione di rilancio dovrà iniziare proprio da qui. Prevedere subito una manovra di intervento, differenziata in base al fattore tempo: azioni di sostegno quali regimi di aiuto, credito d'imposta, ecc. per il breve-brevissimo termine, e una progettazione di medio-lungo periodo legata allo sviluppo dell'area urbanistica, della rete stradale, ferroviaria e portuale dei territori compresi tra Pomezia, Aprilia e Latina».
Ma il rischio di delocalizzazione continua a incombere?
«Non abbiamo segnali che questo fenomeno sia più accentuato che in altre parti d’Italia, però il pericolo è reale. La Gambro ha lasciato Latina per la Romania, la Janssen Cileg per l’Irlanda, la Pfizer abbandona Borgo San Michele, e così via. Insomma è inutile nascondere il problema: manca quell’elemento di attrazione che ha caratterizzato l’area in questione dagli Anni ’70 in poi, con la fine degli incentivi stanziati dalla Cassa per il Mezzogiorno. Ed è qui che deve intervenire la politica: ridare appetibilità al territorio.

Un territorio, che è bene ricordarlo, è anche caratterizzato da un litorale di grande pregio, che con le Isole pontine, può davvero costituire quel serbatoio di risorse aggiuntive legate all’industria del turismo a oggi di fatto trascurata. Porti turistici, insediamenti alberghieri, collegamenti via mare, saranno tra i punti essenziali del costituendo Tavolo tecnico».

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