Roma - Primi piani dei propri testicoli, mammelle, assegni, aborti: che l’uomo sia capace di catalizzare i riflettori mediatici come pochi altri in Italia, era noto. Ma è certo che l’ultima campagna elettorale di Giuliano Ferrara, dopo la prima nelle liste del Psi per le europee del 1989 e la seconda nel collegio del Mugello per il Popolo delle libertà contro Antonio Di Pietro nel 1997, si preannuncia a dir poco esplosiva. Se non altro perchè il direttore de Il Foglio è uno che quando intraprende una battaglia mette in gioco tutto se stesso - a partire dal proprio fisico - senza «se» e senza «ma». E poi perché Ferrara è uno che fa dell’outing vero o presunto uno strumento di comunicazione politica. Conquistò le prime pagine svelando di essere stato un «agente della Cia» (con tanto di dettagli su come gli venivano consegnati i dollari in busta), si affermò come anchorman televisivo saltando fuori da un secchio di rifiuti con un osso di pollo in una mano e una lisca di pesce nell’altra, raccontò la sua sofferenza di grasso in un pezzo autobiografico e sincero fino all’inverosimile: «Quando per strada mi gridano ciccione, io vorrei uccidere o sparire».
Adesso, nei panni di promotore e animatore della sua lista «Pro life» inizia la giornata ospite di Panorama del giorno di Maurizio Belpietro - su Canale 5 contaminando la propria biografia con la cartella clinica del feto di Napoli: «Domani farò le analisi del sangue. Credo di essere affetto anche io da una qualche forma di sindrome di Klinefelter». Solo una provocazione? Macché, il direttore de Il Foglio rincara la dose: «I medici avevano diagnosticato (la diagnosi è sempre probabilistica) una sindrome di Klinefelter - ha spiegato il giornalista: - è una sindrome che è stata scoperta nel ’42 da questo medico che si chiamava Harry Klinefelter. La sindrome è questa: si hanno i testicoli piccoli, io ho i testicoli piccoli. Si hanno grandi mammelle e io fin da bambino ho grandi mammelle. È una alterazione ormonale dovuta ad una anomalia cromosomica. Gli effetti da sindrome da Klinefelter vivono, si sposano, hanno una vita ricca, sono uomini come tutti gli altri, hanno una vita normale. Ecco, io penso che i giornali che con tanta eleganza chiedono silenzio sull’aborto, che con tanta eleganza chiedono che non si discuta dello scandalo supremo del nostro tempo, cioè di un miliardo di aborti in trent’anni e di cinquanta milioni di aborti l’anno nel mondo, i giornali che non si scandalizzano per il dilagare dell’eugenetica, cioè della selezione della razza, dovrebbero forse prestare un po’ di attenzione al fatto anch’esso compassionevole che una persona più o meno come me è stata abortita alla ventunesima settimana».
Persino i finanziamenti della campagna elettorale per la sua lista - nelle mani di Ferrara - diventano un elemento di politica-spettacolo: «Non ho mezzi, non ho forze. Ci metto un po’ dei miei quattrini. Duecentocinquantamila euro è il primo assegno di cui pubblicherò la fotografia sul mio giornale.
Penso che pubblicherò anche la fotografia dei miei testicoli». Eppure, malgrado la radicalità della sua scelta, Ferrara - che ha abbandonato la conduzione di Otto e mezzo per la propria campagna elettorale - spiega che non farà apparentamenti con nessuna delle liste centriste postdemocristiane: «Io vado da solo - spiega Ferrara - oppure con il mio simbolo “Aborto? no grazie“ apparentato con la coalizione di centrodestra» (sempre a patto che Silvio Berlusconi glielo conceda).
Un altro fronte aperto, fra l’altro, continua a essere l’ipotesi di candidatura a sindaco di Roma. Ipotesi che il centrodestra caldeggia, ma che Ferrara ha subordinato all’accettazione dell’apparentamento per la sua lista: «Berlusconi deve sapere che la mia non è una delle diciotto liste come le altre, non è un partito, è un’altra cosa». E poi, sull’ipotesi di candidatura capitolina: «Sono disponibile a fare qualsiasi cosa, a patto che mi si conceda l’apparentamento a livello nazionale».
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