Francesco Guzzardi
Tutti pazzi per il «Luigi Ferraris». Lo vogliono tutti i genoani e tanti doriani. Con l'aria snob all'inglese, il green più amato dai genovesi, contrastato dal progetto del nuovo stadio di Garrone, continua ad essere al centro dell'attenzione. Già negli anni settanta il mitico «Luigi Ferraris» faceva discutere e a distanza di 36 anni il tema ritorna d'attualità.
La storia della vecchia struttura di taglio «inglese», ovvero senza pista d'atletica, con gradinate e tribune molto vicine al campo, risale al 1911. Fu costruita dal Genoa e inaugurata con una partita contro l'F.B.C. Piemonte, giocata domenica 14 maggio di quell'anno. Già allora poteva ospitare 25.000 spettatori grazie a due eleganti tribune, completamente riparate dal sole, alle spalle del Bisagno mentre le gradinate nord e sud furono costruite anni dopo. L'aspetto definitivo fu raggiunto nel 1933 con una capienza di 55mila spettatori.
Le discussioni sulla sorte del Ferraris, che si protraggono fino ai nostri giorni, iniziarono nei primi anni settanta. C'era chi voleva rifarlo altrove, chi sosteneva che Genoa e Sampdoria sarebbero dovute intervenire e costruirsi il loro stadio, chi puntava sulla ristrutturazione dell'esistente o sulla ricostruzione, magari con qualche ampliamento. La questione divenne urgente a metà degli anni ottanta quando la Fifa assegnava all'Italia i mondiali del 1990. Genova doveva essere sede di un girone di qualificazione ma con lo stadio in quelle condizioni non se ne parlava nemmeno. Anche perché, per ospitare i mondiali, erano necessari standard di sicurezza e comodità dai quali il «Ferraris» era lontano anni luce.
Nel gennaio del 1986, la Gepco, società di costruzioni specializzata in impianti ad alto contenuto tecnologico, propose al Comune di Genova la ricostruzione «in loco» dello stadio e, ottenuto il placet, si rivolse allo studio dell'architetto Vittorio Gregotti per l'elaborazione di un progetto. Ma nel contempo un altro consorzio d'imprese denominato «Genova Sviluppo» si fece avanti e presentò un progetto di ristrutturazione meno profonda.
Il Comune di Genova, esaminate le proposte, chiese ai due gruppi di unificare gli sforzi intorno al primo progetto (quello di Gregotti), giudicato il più adatto. La spesa prevista era di 45 miliardi di lire ma alla fine, i miliardi saranno 54 e mezzo, più cinque per l'allestimento speciale in vista dei mondiali. La demolizione del vecchio stadio comincia nell'estate del 1987, vengono così demolite le vecchie e gloriose gradinate. Da quel momento in poi, l'opera sarà segnata da una difficoltà di fondo: smantellare e ricostruire, permettendo alle due squadre di continuare i rispettivi campionati e impegni internazionali.
Si procede con la divisione dello stadio in senso longitudinale: da una parte la tribuna e metà delle due gradinate, dall'altra i distinti e le due metà residue dei popolari, ma i problemi continuano infatti, la Sampdoria giocherà qualche importante partita casalinga a Cremona. Durante l'estate del 1988 inizia la demolizione della seconda metà, la prima metà è finita e consegnata: tribuna e due mezze gradinate per 22.000 posti a sedere. Con mezzo stadio in funzione vengono fuori altri problemi, in certe parti degli spalti il terreno da gioco non si vede completamente infatti, per un errore progettuale il terreno è troppo basso, iniziano così il lavori per innalzarlo di un metro. Ci vorranno 6.000 metri cubi di terriccio, ma alla fine il risultato sarà confortante. Lo stadio in quanto tale non dà più grossi problemi, salvo quelli legati alle norme di sicurezza. Di per sé è una fortezza in mezzo alla città eppure, secondo la legge, andrebbe circondato da una cancellata distante 30 metri dalle pareti esterne. Alla fine, il nuovo Luigi Ferraris viene terminato e consegnato nel settembre del 1989, con tre mesi d'anticipo sulla data inizialmente prevista.
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