da Roma
Almeno, sperano nel Pd, la Festa Democratica (ex Unità) che si è aperta ieri a Firenze servirà a spostare i riflettori della stampa da quello stillicidio di polemiche interne e lotte tribali che ha tormentato lagosto dellopposizione.
Veramente, nemmeno alla Festa vengono risparmiate polemiche: Prodi che non va, i prodiani e i filo-girotondini alla Colombo che denunciano le troppe presenze governative (si comincia oggi con un doppio Tremonti-Bossi contro Chiamparino-Bersani). Enrico Letta denuncia una situazione da «allarme rosso», in cui «si è superato il livello di guardia: si sta diffondendo nel partito il virus della minoranzite, che porterà alla distruzione del Pd». Gli risponde Goffredo Bettini, gran regista della prima fase del veltronismo e coordinatore nazionale: «Siamo un partito vivo e pluralista. Ci sono polemiche e differenze di opinione, ma limportante è avere uniniziativa comune». Se poi ci fossero «divergenze marcate sulla linea, di qui alle Europee, sarebbe necessario un congresso». Già, il congresso anticipato: qualche mese fa, quando dentro il Pd dopo la sconfitta romana montava la fronda, erano proprio i fedelissimi del leader, a cominciare da Bettini, a invocarlo: come una mossa per prendere in contropiede gli oppositori e riconfermare leadership e linea. Ma il segretario non si è convinto, e al giocare dazzardo ha preferito la saldatura un asse preferenziale con gli ex Ppi di Franceschini e Fioroni per blindare la propria maggioranza. Poi erano stati i dalemiani a sventolare lipotesi di assise anticipate, per sfidare il leader. E naturalmente lo chiedono da mesi a gran voce i prodiani. Ora, dopo lagosto dei veleni, sono di nuovo alcuni fiancheggiatori di Veltroni a sollecitare un congresso pre-elettorale dove «si contino gli iscritti e si definisca un programma», come dice Sergio Cofferati. Subito rintuzzato dallex Ppi Merlo: «Agitare la bandiera di un congresso salvifico per rilanciare il Pd è una pia illusione».
E non è un caso che gli ex Ppi, che oggi grazie allalleanza con Veltroni sono iper-rappresentati nellorganigramma e controllano fondamentali leve di potere, dallorganizzazione al tesseramento, siano i principali nemici di assise anticipate dalle quali uscirebbero drasticamente ridimensionati. Veltroni dunque, se anche volesse tentare la sfida, ha le mani legate dai principali alleati. Ma anche i dalemiani non hanno interesse ad accelerare il redde rationem: ottenuta la rinuncia di Veltroni alla linea dell«autosufficienza» Pd, possono lavorare (con Red) al rafforzamento del proprio insediamento nel partito, al Sud (Campania, Puglia, Calabria) ma anche nelle regioni rosse, e aspettare il dopo- Europee per regolare i conti con il segretario.
Sul quale, ieri, ha provato a stendere una mano protettiva il Corriere della Sera, denunciando, nelleditoriale di Pierluigi Battista, «lansia distruttiva» che anima il «tiro al bersaglio» contro Veltroni. Che però, lamenta un suo ex fan come Giuliano Ferrara, «si deve dare da fare, mostrando un po di inventiva e di coraggio». «Già - sospira un dirigente Pd vicino a Veltroni - Walter deve decidersi ad uscire dalla fase di elaborazione del lutto, è durata anche troppo». Veltroni pensa alla grande manifestazione di piazza dautunno, che negli auspici dovrebbe coincidere con una prima fase discendente della «luna di miele» berlusconiana, per ridare smalto alla «sua» opposizione.
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