Torna per la gioia di quella Milano dei teatri, dei salotti e dell'haute couture che non l'ha mai dimenticata l'icona per eccellenza, Valentina Cortese. La musa di Strehler che ha legato il suo nome agli spettacoli della grande stagione del Piccolo apre infatti la Festa del Teatro programmata stasera all'Out Off per chiudere poi la manifestazione il 26. Con un programma d'alta classe che la vede interprete il primo giorno dello splendido Magnificat scritto per lei da Alda Merini e, il giorno dell'addio, protagonista dell'Amore. Un florilegio delle rime più appassionate di Testori che la vedranno affiancata da un team di giovanissimi interpreti. Fin qui con la cronaca. Ma come si sente Valentina alla vigilia di un debutto così impegnativo? È in preda alla felicità o è vittima del terrore? «Né l'una né l'altra cosa», è la sorprendente risposta. «Direi piuttosto», prosegue con quella voce di velluto che ha incantato ben tre generazioni, «che sono sopraffatta dal dubbio».
Come la Vergine Maria in trepida attesa della parola risolutiva dell' Angelo che le si annuncia nel Magnificat? «Devo darle ragione, a costo di passare per immodesta. Dato che nel suo capolavoro la Merini gioca non col fuoco della passione ma col fuoco della rinuncia».
Vuole spiegarsi meglio?
«La Madre di Dio in questo testo affascinante è una donna senza età che vive dentro e fuori dal tempo. Soprattutto quando l'Angelo le comunica il suo messaggio».
Come mai?
«Ci pensi bene. Quando quella strana creatura giunta dal cielo ripiega le ali di fronte a lei parlandole in un tono insieme suadente ed enigmatico, Maria non sa cosa pensare».
Può dirci cosa si agita nel suo animo?
«La Vergine ignora se è rimasta vittima di un'allucinazione o invece se ha scorto, in un lampo radente, la luce della verità».
Cosa succede allora?
«Tutto e niente perché la Merini non prende posizione e si rifiuta all'analisi del decreto divino».
A questo punto cosa può fare lei che ne è l'interprete?
«Solo registrare con la mia nuda voce il mistero che giace intatto, come un'offerta votiva, ai piedi di Maria».
Un compito pressoché impossibile per un'attrice...
«È vero, ma a me piacciono le sfide. Per quanto riguarda la Madonna poi, adempio finalmente a un appuntamento mancato, quello all'invito di Testori, proprio lui, il grande poeta di Novate che tanti anni fa mi chiese con insistenza di recitare il suo Interrogatorio a Maria. Che purtroppo esclusi dal mio carnet per colpa di un impegno preso in precedenza».
Davvero? Credevo che l'appuntamento mancato con l'autore dell'Arialda riguardasse un altro testo. O sbaglio?
«Non si sbaglia affatto. Pensi che nel ' 69 poco prima che interpretassi Santa Giovanna dei macelli, l'opera più enigmatica ed ambiziosa di Bertolt Brecht, ero in cartellone al Piccolo con Erodiade. La tremenda madre-matrigna di Salome che Testori aveva modellato da par suo sulle esitazioni e le incertezze del mio personaggio precedente, Ilse la contessa dei Giganti della montagna».
Come mai quel progetto non andò in porto?
«Per colpa del regista che, innamoratosi della perversa creatura immaginata da Testori,voleva ambientare quel poema per attrice solista non sul palco di via Rovello ma sull'altare di una chiesa sconsacrata».
Per fortuna oggi la situazione è cambiata e nessuno le può impedire di rendere omaggio a questo autore-culto della scena milanese. Ma cosa vedremo nell'Amore? Fremo dalla curiosità.
«Accanto a me ci saranno altri attori, giovani e bravissimi che invece di sottolineare le mie parole o incitarmi col loro esempio cercheranno, a tratti, di frenare la mia eloquenza».
In che modo?
«Prendendo alla lettera il lessico di Testori che, come al solito, esalta e al tempo stesso schernisce la dialettica dei sentimenti. La donna che incarno è una sorta di maga, prigioniera di una malia che scatena ma non riesce a fermare. Come una vertigine o peggio ancora una valanga».
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