La Fiat al contrattacco: ricorso contro il reintegro dei licenziati

La decisione di ieri, di ricorrere «nel più breve tempo possibile» contro il decreto che dichiara illegittimi i tre licenziamenti di Melfi conferma che, nella strategia della Fiat, la governabilità degli stabilimenti è un punto decisivo. Sergio Marchionne vuole «affidabilità e normalità in fabbrica», come ha detto nell’incontro, a Torino, con governo, istituzioni locali e sindacati. E per raggiungere questo obiettivo non farà sconti a nessuno. «È inammissibile - ha detto l’amministratore delegato della Fiat, durante il tavolo convocato dal ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi - tollerare e difendere alcuni comportamenti, la mancanza di rispetto delle regole, l’abuso di diritti ottenuti in cambio dell’assunzione di un dovere, gli illeciti che in qualche caso sono arrivati anche al sabotaggio». Un riferimento esplicito alla vicenda di Melfi dove l’accusa ai tre lavoratori è quella di avere bloccato dei carrelli robotizzati provocando il fermo della catena di montaggio.
Il rischio per la Fiat è che, come minaccia la Fiom anche in relazione alla vicenda Pomigliano e alla costituzione della newco, ci possa essere una valanga di ricorsi in tribunale che finirebbero comunque per rendere ingestibili gli accordi raggiunti con gli altri sindacati. Marchionne il 28 luglio lo ha detto chiaramente: «Non si fanno gli interessi dei lavoratori rifiutando di modernizzare gli impianti e i metodi di produzione, difendendo un sistema di relazioni industriali che non è in grado di garantire che gli accordi stipulati vengano effettivamente applicati». Ha confermato l’investimento da 20 miliardi in Italia, ma ha posto un ultimatum ai sindacati. La decisione dei giudici e il braccio di ferro sui licenziamenti di Melfi dimostrano che la strada non sarà senza ostacoli. E a settembre si ripartirà subito con un altro nodo, quello del contratto del settore auto, che Fim, Uilm e Fismic cercheranno di mettere a punto con la Federmeccanica per evitare la disdetta del contratto nazionale per ora congelata dalla Fiat.
Intanto il giorno dopo la sentenza di reintegro, Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli non sono rimasti sorpresi dalla notizia del ricorso della Fiat. «Io - ha detto all’agenzia Ansa Barozzino - me l’aspettavo. Questo significa che l’azienda non vuole ancora sedersi a un tavolo con i sindacati e con i rappresentanti dei lavoratori per discutere delle reali problematiche che dobbiamo affrontare quotidianamente». Con la sentenza di reintegro, il giudice ha ordinato che i tre operai tornino in fabbrica il 23 agosto, al termine della pausa di Ferragosto.

E per Barozzino, al quarto mandato come delegato e il più votato nelle ultime consultazioni per la rsu dello stabilimento lucano «non c’è alcuna voglia di rivalsa». E nemmeno per gli altri due colleghi. «Abbiamo sempre agito nel rispetto dell’azienda e della democrazia e dei lavoratori e così continueremo a fare anche dopo il 23 agosto».

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