Pierluigi Bonora
da Milano
Ferrari e Fidis restano i fronti caldi della Fiat. Nel primo caso, ieri, lamministratore delegato Sergio Marchionne ha confermato che per il riacquisto del 29% della Ferrari il Lingotto avrà tempo fino al 30 settembre. Sulla società finanziaria, invece, la soluzione potrebbe arrivare anche a luglio, nonostante Marchionne auspichi di chiudere la trattativa entro il mese in corso. Il partner a cui il Lingotto cederà il 50% di Fidis dovrebbe uscire dal seguente lotto di nomi: Deutsche Bank, Bnp Paribas, SocGen e Crédit Agricole con Mediobanca pronta a tornare in pista dopo essere stata inizialmente esclusa nella prima parte delle gara. «Parliamo con tutti», ha tagliato corto il top manager alla domanda se Mediobanca avesse colloqui privilegiati.
Le precisazioni di Marchionne sono arrivate dallUnione industriale di Torino dove il numero uno di Fiat Group, relatore allassemblea degli imprenditori piemontesi, ha ripercorso il cammino che ha permesso al Lingotto di risollevarsi da una crisi che lEconomist, la «ghigliottina» editoriale britannica, aveva con troppo anticipo definito «Un caso irreparabile». Marchionne, comunque, non ha esitato a sottolineare come il management sia riuscito «ad allontanare lazienda dalla minaccia di estinzione». E una parte fondamentale nelloperazione salvataggio, secondo lamministratore delegato del Lingotto, ha avuto come protagonista lazionista Ifil.
«Senza questo sostegno - ha ricordato Marchionne - il gruppo non avrebbe potuto avviarsi sulla strada del risanamento; nei recenti momenti delicati in cui si trovava lazienda, lincertezza dellazionariato avrebbe potuto compromettere lo sforzo di ripresa e sono sicuro che senza questo apporto non avremmo mai avuto lopportunità di raggiungere i risultati di oggi». Insieme a quello della famiglia Agnelli anche il ruolo delle banche creditrici è stato indicato dal top manager determinante per i risultati raggiunti.
Non sono infine mancati un nuovo messaggio rassicurante ai sindacati, a proposito del mantenimento delle unità produttive italiane di Fiat Auto, insieme allennesima stoccata agli analisti finanziari. «Quando spiego perché non prevedo la chiusura di stabilimenti in Italia - ha puntualizzato in proposito Marchionne - ho limpressione come Carlos Ghosn, lamministratore delegato di Renault, che i mercati finanziari cerchino avidamente lo spargimento di sangue nellazienda. Non fa differenza se il lavoro diretto rappresenta il 6-7% del totale costo del prodotto e che, perciò, le vere cause delle grandi perdite operative di Fiat Auto vanno cercate altrove». Le parole pronunciate da Marchionne hanno scaldato la platea degli industriali presenti allassemblea, ma non la Borsa. Le azioni Fiat hanno lasciato sul terreno l1,14% (10,10 euro). Negative anche Ifi (-0,01% a 16,46 euro) e Ifil (-0,21% a 4,25 euro).
A Torino, ieri, cera anche il neoministro del Lavoro, Cesare Damiano, il quale ha ribadito come la cura Marchionne abbia «funzionato, consentendo di rimettere in ordine i conti e facendo prevalere la vocazione industriale sul prodotto automobilistico di cui abbiamo tutti bisogno».