Fiat, ok di Moody’s allo scorporo Ma nell’auto ancora troppi rischi

Fiat Auto supera il check-up finanziario di Moody’s, che ha confermato il rating del Lingotto («Ba1» il giudizio a lungo termine), ma dalla diagnosi, che si è tradotta in un outlook negativo, appare chiaro che alcuni degli attuali punti di forza del gruppo sono anche dei fattori di debolezza strategica. A partire dal Brasile, dove l’ad Sergio Marchionne riesce a spremere una redditività operativa prossima al 15%, con cui controbilancia la scarsa efficienza strutturale dei siti produttivi italiani.
Il rating di Fiat - scrive infatti Moody’s, che per la prima volta radiografa la situazione dopo il ritorno all’utile - si avvantaggia della leadership nel Paese sudamericano, con una quota di mercato intorno al 25%, e dalla posizione dominante sul mercato italiano con circa il 30%. Il Lingotto genera, però, quasi i due terzi dei suoi ricavi nei due Paesi ed è quindi molto vulnerabile a un calo della domanda locale. Senza contare che gli analisti sono convinti che la serrata concorrenza, di martedì il sorpasso nelle vendite ottenuto da Volkswagen, finirà per erodere i margini brasiliani. Da qui l’urgenza per Torino di completare il piano «Fabbrica Italia», predisposto da Marchionne per rilanciare la produzione di auto «saturando» e quindi rendendo efficienti gli impianti di Mirafiori, Pomigliano (dove gli operai hanno accettato il nuovo contratto), Melfi, Cassino e Atessa. Rodata, invece, la situazione in Polonia, dove però Bruxelles ha avviato un’indagine per gli aiuti che Varsavia intende concedere al gruppo per produrre una nuova generazione di motori in Slesia: l’Antitrust europeo «dubita» che la situazione sia «compatibile» con gli orientamenti comunitari «sugli aiuti a sostegno di grandi progetti d’investimento».
Al rischio dettato dall’eccessiva concentrazione di Fiat, Moody’s somma il fatto che il parco modelli stia invecchiando, complice un tasso di rinnovo «relativamente scarso» rispetto ai concorrenti. Perplessità condivise in Piazza Affari che stima per Fiat Auto un free cash flow negativo per 1 miliardo alla fine del 2011. La svolta dovrebbe arrivare nei prossimi due anni, grazie «all’attraente gamma di nuovi modelli», scrive Moody’s che soppesa anche l’eventuale esborso per salire dal 35% alla maggioranza di Chrysler. La scalata all’alleata americana è però considerata una buona occasione dagli esperti delle sale operative: secondo alcuni calcoli se Marchionne riuscirà a salire al 51% prima del ritorno in Borsa di Chrysler, dovrebbe limitare la spesa a 6-700 milioni di euro. E a quel punto avrebbe in mano il destino di un gruppo che sul listino di New York, applicando multipli simili a quelli di Gm, dovrebbe valere 15 miliardi di dollari, più o meno 11 miliardi di euro. Senza contare che l’esborso in contanti appare sostenibile per il Lingotto, nella cui pancia ci sono 12,5 miliardi di liquidità lorda, a fronte di 15 miliardi di debiti.
Battuta d’arresto invece di Marchionne sull’ipotetico trasloco Oltreoceano della sede centrale della nuova Fiat.

Secondo il numero uno del Lingotto, le preoccupazioni italiane sono state una «reazione esagerata». «Nessuna decisione è stata presa sulla governance e sulla sede del quartier generale» ha spiegato Marchionne, precisando che questo non è un tema che sarà affrontato prima del 2014.

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