Fiat, a Pomigliano operai pronti al sì «Altrimenti si chiude»

Pomigliano d’ArcoSono giorni cruciali per lo stabilimento Fiat di Pomigliano d’Arco. La settimana che inizia domani sarà decisiva per sapere se il Lingotto investirà 700 milioni per portare in Campania la linea della nuova Panda. L’agenda dei sindacati è ricca di appuntamenti in attesa del referendum programmato giovedi. La Fiom, unica sigla a non allinearsi al «sì» di Fim, Uilm, Fismic e Ugl al piano Fiat, riunirà domani il comitato centrale. Ma il dibattito più importante è quello in corso tra i 5.031 addetti di Pomigliano. C’è grande attesa per l’esito delle votazioni, le prime dopo 3 anni: nel 2007 si era discusso sul rinnovo del contratto nazionale e dalle urne usci un plebiscito per il «si»: 89%.
Ieri, anche se di sabato, davanti ai cancelli della fabbrica napoletana erano numerosi i capannelli di operai. Scontato il tema delle discussioni: «si» o «no» all’accordo. C’è chi apprezza l’intenzione manifestata dall’azienda di ammorbidirsi sul nodo malattie. Sono soprattutto i militanti Fiom a ritrovarsi davanti ai cancelli chiusi, per parlare non solo del referendum, ma anche del pericolo che da questa vicenda il sindacato «rosso» rischi di restare isolato e di perdere credibilità. Abbiamo effettuato un mini sondaggio su 53 operai: dei 40 appartenenti alla Fiom in 29, anche se a denti stretti, hanno ammesso che la cosa che più conta è il mantenimento del posto di lavoro. Quindi voteranno «sì». Gli altri 13, tra Fim e Uilm, hanno sostenuto senza esitazione che «senza fare salti di gioia» scriveranno «sì». Qualcuno ha annunciato provocatoriamente che domani, in occasione della partita dell’Italia, anziché restare davanti alla tv, si presenterà ai cancelli per dimostrare all’azienda che «non esistono malattie anomale».
In serata da Gerardo Giannone, esponente comunista che coordina l’Associazione classe operaia, a Casalnuovo, pochi chilometri dalla fabbrica Fiat, si sono ritrovati altri 150 addetti alle linee di montaggio. Magliette rosse con la scritta «classe operaia», più che far festa, sino a tarda sera si è discusso sui destini dello stabilimento e dell’imminente referendum.
A Pomigliano, intanto, hanno fatto sentire la loro voce anche le donne. Forse la Fiom non ha fatto i conti con loro. Le mogli degli operai sono preoccupate. «A noi non interessano certe questioni, i nostri mariti devono lavorare, devono portare uno stipendio a casa il 30 di ogni mese. Non ammettiamo discussioni: devono votare “sì” al referendum». Mogli e fidanzate sono bene informate sulle vicende Fiat e sostengono che «non è sufficiente che vincano i “sì”, ma che superino i “no” con una maggioranza schiacciante che non metta in dubbio la volontà dei dipendenti a voler continuare nella loro avventura a Pomigliano».
C., da un mese in pensione, militante Fiom, ha le idee chiare sul comportamento che dovrebbero tenere i compagni di un tempo. «Io voterei “sì” senza dubbio perché se qui chiudono vanno in strada 15mila famiglie, indotto compreso. E quanti finirebbero poi nelle mani della criminalità? La camorra sta aspettando come un avvoltoio proprio questo».
A., ex Fiom «perché non credo più nei sindacati», da 11 anni in Fiat, dice ancora «non so per che cosa voterò». Un altro operaio, F., da poco in azienda, annuncia il suo «no» perché «non credo che la fabbrica chiuderà». Ma la futura moglie non ci sta: «Non se ne parla proprio, il mio lavoro non basta: tu voterai “s씻. La maggioranza degli operai non sta con F.: 65 voteranno «sì», solo 18, ma sono i «duri» del sindacato, annunciano il loro voto contrario.

Anche Michele Liberti, segretario provinciale di Fim-Cisl, ha compiuto un minitest. «Ho sentito una cinquantina di persone, non solo del mio sindacato. Mi hanno chiesto spiegazioni sui termini dell’accordo. Ebbene, quasi tutti voteranno positivamente».

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