RomaLa ricetta anticrisi della Cgil? Soffocare i primi venticelli della ripresa, vanificare leffetto degli incentivi per lauto, mettere in difficoltà la Fiat in vista dellaccordo con Chrysler, scherzano - ma nemmeno troppo - sindacalisti, che evidentemente non appartengono alla confederazione guidata da Guglielmo Epifani, ma che conoscono bene le fabbriche. E sanno come si muove il vero motore del sindacato di sinistra, la Fiom. Per capire quello che la Cgil vuole fare non bisogna cercare tra gli slogan delle piazze dedicate al tema.
Lispirazione generale la può spiegare Giorgio Cremaschi, esponente della Fiom: «Deve essere chiaro a tutti - dice - che si sta aprendo una stagione di lotte». E a chi obietta che forse non è il modo giusto per fare ridecollare il Pil depresso dalla crisi finanziaria, lesponente della sinistra Cgil ribatte: «La crisi la deve pagare chi lha provocata. Fino a quando non ci rimetteranno lorsignori, noi andremo avanti».
Cosa significhi concretamente lo si capisce invece da alcuni recenti episodi di cronaca sindacale passati più o meno inosservati. Battaglie delle tute blu della Cgil, in particolare nel gruppo Fiat, che gli altri sindacati hanno interpretato come un freno ai segnali di ripresa registrati nel settore auto. La linea dura dei metalmeccanici della Cgil si è ad esempio fatta sentire a Melfi. Stabilimento importante perché è lì che si producono le auto a gas metano e Gpl, che stanno vendendo molto in Italia, e ancora di più in Germania. Lazienda aveva chiesto straordinari e il terzo turno nel fine settimana, ma la Fiom ha detto no e minacciato lo sciopero. Una nevicata che ha ritardato la consegna di alcuni pezzi ha costretto lazienda ad annullare gli straordinari. E quindi lo scontro è stato evitato, ma non è detto che la situazione non si ripresenti. Se gli ordini continueranno a ritmo sostenuto la fabbrica dovrà produrre di più. Fiom permettendo.
«Tutti a dire che bisogna superare la crisi e a manifestare, ma quando poi si presentano opportunità reali, come a Melfi, si perdono le occasioni», spiega il segretario nazionale della Uilm, Eros Panicali. Quello che è peggio, aggiunge Carmine Vaccaro della Uil di Melfi, «è che il contratto firmato anche dalla Fiom dà la possibilità allazienda di comunicare», gli straordinari di sabato o di domenica. Non è materia di trattativa. In questo modo, commenta il sindacalista, «si rischia di perdere il treno degli incentivi».
Argomentazioni che non convincono la Fiom. «Noi - ribatte Cremaschi - non facciamo straordinari mentre altri stabilimenti sono chiusi e se li chiederanno di nuovo noi faremo sciopero». Se invece i lavoratori volessero farli e guadagnare di più? «Buon per loro, ma noi guardiamo alla solidarietà. A noi non interessa perdere».
Laltro caso è quello della Iveco di Brescia. Lazienda, adesso chiusa e con i lavoratori in cassa integrazione, ha prospettato ai sindacati un piano di investimenti da 20 milioni di euro a fronte di una riorganizzazione del lavoro, dei tempi. Pause più corte e più frequenti per sfruttare al meglio le macchine. «Dicono che i tempi li deve decidere il sindacato, ma è una stupidaggine», spiega ancora Panicali. «Sono le aziende che decidono i tempi. Noi possiamo trattare il come». La Fiom invece si è opposta e per questo sta tenendo a bagnomaria la trattativa e, quindi, chiusi i cancelli. «Il fatto è che lazienda ha subordinato gli investimenti a una condivisione sindacale che al momento non cè. Io non me la sento di mandare a monte unazienda».
In generale manca, secondo Panicali, la «motivazione politica». Quella della Fiom sembra chiara. Ma tocca anche allazienda. «Bisogna capire se lIveco vuole fare lintesa comunque, con chi ci sta. Se lo vuole fare noi andremo avanti». Un precedente ci sarebbe già.
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